La ricerca ha arruolato 65 persone con diagnosi di Sm recidivante-remittente, la forma più comune della malattia, in cui si alternano periodi di remissione ad altri di riacutizzazione.
Per sei mesi hanno seguito un regime dietetico che prevedeva da due a tre pasti chetogenici al giorno costituiti da una o due porzioni di uova, pesce o carne insieme a due/quattro cucchiai di burro, olio, margarina o panna e da una a due porzioni di verdure non amidacee quali cetrioli, verdure a foglia verde o cavolfiore. Erano consentiti anche degli spuntini, purché non si superassero i 20 gr giornalieri di carboidrati, la quantità massima consentita. L'aderenza alla dieta veniva monitorata mediante esame quotidiano delle urine per rilevare i chetoni ed è risultata dell’83% per l'intero periodo di studio.
I partecipanti si sono sottoposti a test di valutazione di disabilità e qualità della vita a inizio studio e poi a tre e sei mesi. Sul primo fronte, è stato utilizzato un test molto comune in quest’ambito, che classifica da zero a dieci, a gravità crescente, il grado di disabilità. La media iniziale era di 2,3, scesa a 1,9 a sei mesi. Miglioramenti, anche, sulla capacità di camminata: la distanza media percorsa in 6 minuti (Six-minute walking test) è passata da 497 a 528 metri.
Con un’altra batteria di test si è andati a valutare i miglioramenti percepiti sulla qualità di vita stabilendo un punteggio da zero a 100: valori più alti corrispondevano a maggior stato di benessere. Per quanto riguarda la salute fisica, si è passati da 67 a inizio studio a 79 alla fine mentre, per la salute mentale, da 71 a 82. Campioni di sangue prelevati periodicamente hanno, inoltre, rilevato una progressiva riduzione di marker infiammatori.
"Una dieta chetogenica consente all’organismo di utilizzare i grassi come fonte primaria di energia invece degli zuccheri, imitando così uno stato di digiuno", sottolinea J. Nicholas Brenton, dell'Università della Virginia a Charlottesville, membro dell'American academy of neurology e coordinatore dello studio. “Ne conosciamo bene gli effetti nei diabetici di tipo 2 piuttosto che nei pazienti con epilessia resistente ai farmaci, ma finora mancavano dati sulla Sclerosi multipla. Dal nostro studio emerge che potrebbe trattarsi di una strategia sicura ed efficace, in grado di ridurre la sintomatologia se protratta per almeno sei mesi. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche sui potenziali rischi associati, come la comparsa di calcoli renali, piuttosto che problemi digestivi o carenze nutrizionali senza dimenticare, tra i limiti della nostra ricerca, la mancanza di un gruppo di controllo. È importante che i pazienti con Sm si consultino con il proprio medico prima di modificare la propria dieta e che vengano costantemente monitorate da un medico e da un dietista durante il protocollo chetogenico”.
Nicola Miglino