Nello studio, 99 bambini tra i 6 e gli 11 anni hanno preso parte a una valutazione retrospettiva effettuata con un questionario autosomministrato. Sono state valutate le abitudini alimentari, i livelli di attività fisica e gli indicatori dello stile di vita sia pre che post pandemia. Inoltre, è stata preso in esame il rifiuto del cibo utilizzando la Scala della neofobia alimentare (Cfns).
I risultati, pubblicati nel numero di dicembre di Frontiers in nutrition, hanno mostrato che, per gran parte del campione (97%), il rifiuto selettivo del cibo non è cambiato durante il periodo della pandemia. Circa il 70% dei partecipanti non ha mutato le proprie abitudini alimentari, con alcune eccezioni che hanno riguardato alcuni sottogruppi che hanno riportato un aumento del consumo di frutta (22,2%), verdura (19,2%) e legumi (21,2%).
Com’era prevedibile, a causa delle misure restrittive, è stato rilevante l'impatto della pandemia sulla sedentarietà, che è passata dal 25,3 al 70,7%. La neofobia non è stata associata allo stato ponderale (p-value 0,5). Tuttavia, nei bambini normopeso è stata riscontrata una più alta prevalenza di neofobia di livello intermedio (78,4%). È stato interessante notare come durante l’isolamento sociale, il 39,4% dei bambini studiati sono stati coinvolti nella preparazione dei pasti e come sia aumentata la percentuale che ha condiviso tutti i pasti con la famiglia (32,3% vs. 78,8%).
Nello studio, condotto dai ricercatori Crea Annalisa Di Nucci, Umberto Scognamiglio, Federica Grant e Laura Rossi, i comportamenti genitoriali non coercitivi in reazione al rifiuto del cibo, cioè il dialogo e la preparazione dei cibi meno graditi in una modalità maggiormente apprezzabile dal bambino, sono stati associati a bassi livelli di neofobia.
Al contrario, l’unica strategia associata al livello di neofobia è stata la disapprovazione mostrata dal genitore, a cui, infatti, corrisponde nel proprio figlio un livello intermedio o alto di ripudio di cibi.
“Una delle cause del basso consumo di frutta e verdura nei bambini potrebbe essere la neofobia alimentare, definita come la riluttanza a mangiare cibi nuovi o sconosciuti”, spiega Umberto Scognamiglio, coordinatore dello studio. “Un comportamento molto comune tra i bambini, con un ben definito esordio ed evoluzione. Il nostro studio dimostra come le strategie educative adottate dal genitore al momento del pasto possano influenzare in modo determinante le abitudini alimentari e il livello di neofobia del bambino”. (n.m.)