In particolare, l’obiettivo era verificare l’effetto di sodio, potassio, calcio, magnesio, cloro, fosforo e zolfo ma i ricercatori hanno potuto trovare soltanto lavori soddisfacenti relativi ai primi 4, mentre per gli altri 3 la letteratura presentava solo pochi studi di tipo osservazionale.
Su 15 metanalisi di studi randomizzati e osservazionali i ricercatori hanno evidenziato come, per riduzioni di consumi giornalieri di sodio variabili tra 1,2 e 5,7 g e di sale da 2 a 9,6 g si ottenevo diminuzioni di pressione sistolica che andavano da -0,7 mmHg a -8,9 mmHg e di diastolica da -0,03 a -5,9 mmHg.
Cinque metanalisi sono state prese in esame per valutare l’effetto di una supplementazione orale con potassio, a dosaggi variabili tra 0,23-9,7 g/die per periodi oscillanti tra le 4 e le 52 settimane. La riduzione della sistolica variava da -3,5 a -9,5 mmHg e la diastolica da -2 a -6,4 mmHg. Il potassio, inoltre, si mostrava più efficace nel suo effetto antipertensivo nei soggetti a maggior consumo di sodio.
Per il magnesio, gli studi in esame valutavano consumi tra 120 e 1.006 mg/die per 3-24 settimane, evidenziando un range di diminuzione della sistolica tra -0,02 a -18,7 mmHg e della diastolica tra 0,3 a -10,9 mmHg.
Per quanto riguarda il calcio, le metanalisi prese in esame riguardavano l’ipertensione gestazionale e hanno messo in evidenza che un’assunzione tra 0,5 e 2 g/die determina una riduzione del rischio relativo di ipertensione in gravidanza variabile tra 0,55 e 0,91.
“Dalla nostra analisi emerge come ridurre il consumo di sale e aumentare quello del potassio rappresentano un sistema efficace per abbassare la pressione”, concludono gli autori. “Il massimo beneficio che si può ottenere sulla pressione sistolica è una riduzione di 8-9 mmHg, a livelli di una monoterapia con farmaci. Lo stesso magnesio rivela effetti benefici, sebbene meno marcati, anche se in soggetti cosiddetti altamente rispondenti i risultati sono decisamente migliori. Infine, ci sono prove convincenti che un maggior consumo di calcio riduca il rischio di ipertensione gestazionale, specialmente nelle donne con bassi livelli di elettrolita a inizio gravidanza”.