Fodmap: cibi da evitare in caso di colon irritabile

19 Settembre 2019

Si chiama Fodmap (Fermentable oligo-, di-, mono-saccharides and polyols) ed è una dieta che prende il nome dai carboidrati alimentari a catena corta che non vengono assorbiti dall’intestino tenue.

Giunti nel crasso subiscono un processo di fermentazione a opera dei batteri intestinali che li digeriscono producendo alcuni gas come idrogeno e metano e altri metaboliti batterici. Se in un soggetto sano si tratta di un processo normale che non provoca fastidi, in alcuni pazienti con colon irritabile o malattie infiammatorie dell’intestino possono peggiorare i sintomi in quanto presentano quella che viene chiamata “ipersensibilità viscerale”.

“Ecco così che ricercatori australiani hanno pensato, in caso di sindrome da intestino irritabile, a un approccio alimentare basato sull’esclusione di alcuni alimenti e il loro progressivo reinserimento per individuare gli elementi scatenanti i sintomi sino alla stesura di un piano alimentare personalizzato” spiega Samir Sukkar, primario di Dietetica e Nutrizione clinica del Policlinico San Martino di Genova, protagonista di una sessione specifica sull’argomento nel corso del IV congresso Sinuc (Società italiana di nutrizione clinica) tenutosi nei giorni scorsi ad Ancona

“Ancora poco conosciuta nella pratica clinica, la dieta Fodmap sta ricevendo grande attenzione da parte dei ricercatori, con risultati che la rendono molto valida. La personalizzazione del regime alimentare con l’esclusione dei cibi capaci di scatenare i sintomi permette un loro miglioramento nel 70-80% dei pazienti”.

I Fodmap sono presenti in grano e cereali, alcuni tipi di frutta come mele, albicocche, ciliegie, fichi mango, pere, pesche, prugne e anguria. Tra le verdure ne contengono in quantità rilevante carciofi, broccoli, cavoli, funghi, piselli, cipolle e aglio. Banditi anche latte e latticini, almeno per le settimane della dieta insieme ai dolcificanti artificiali contenuti in molti prodotti industriali come sciroppo di mais, mannitolo, sorbitolo e xilitolo.

Alcuni contengono fruttani, inulina e galatto-oligosaccaridi (Gos), prebiotici che stimolano la crescita e costituiscono la ‘dieta’ della flora batterica buona ma che in soggetti predisposti determinano i sintomi che abbiamo citato.

“La dieta Fodmap”, sottolinea una nota Sinuc “deve avere una durata ben precisa, stabilita, dopo numerosi trial, in 2-4 settimane di esclusione in cui l’alimentazione è ristretta a carne, pesce, uova: già 6 settimane aprirebbero la strada ad alterazioni del microbiota e dell’equilibrio nutrizionale con rischi di malnutrizione”.

Un regime severo, dunque, che deve essere seguito da un nutrizionista esperto. Il rischio del fai da te può infatti provocare malnutrizione, impoverimento della flora batterica intestinale o peggiorare la stipsi a causa della scarsità di fibre alimentari.

“Si tratta di una strategia alimentare che ha bisogno di una gestione attenta e di una ampia collaborazione da parte del paziente ma che permette di individuare con precisione i cibi che scatenano i sintomi addominali”, sottolinea Maurizio Muscaritoli, presidente Sinuc.

“Nonostante sia ancora poco diffusa, è un approccio valido che ha mostrato risultati significativi sia nella riduzione dei sintomi intestinali che in quelli della qualità della vita, La revisione pubblicata sull’European Journal of clinical nutrition nel 2016 aveva evidenziato una diminuzione generale della severità dei sintomi, con dolore addominale calato di 1,8 volte e gonfiore di 1,7 volte. E benefici sulla qualità di vita generale di 1,8 volte nei trial randomizzati e di 3.2 volte in quelli non randomizzati”.

La dieta Fodmap ha effetti positivi su tutti i sintomi tranne la costipazione, causata dalla riduzione dei Bifidobatteri nel lume intestinale quando l’esclusione delle fibre prosegue oltre le 4 settimane. Problema, sottolinea Sinuc, destinato a risolversi con la progressiva reintroduzione delle fibre.

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