Nello studio Atherosclerosis risk in communities, che ha seguito circa 12 mila individui per 23 anni, il consumo di noci, legumi e latticini a basso contenuto di grassi è stato associato a un rischio inferiore del 19% di nefropatia. Per contro, il consumo di carne rossa e lavorata era collegato a un rischio superiore del 23%. Anche altri studi osservazionali di dimensioni più piccole e durate più brevi hanno mostrato risultati simili.
Le potenziali spiegazioni per un effetto protettivo degli alimenti a base vegetale hanno incluso la presenza di fibre alimentari, fitochimici, vitamine, minerali come potassio e magnesio e antiossidanti, insieme a cambiamenti favorevoli del microbioma indotti dalla dieta.
Inoltre, la ridotta funzionalità renale porta a una diminuzione dell'escrezione di trimetilammina-N-ossido (Tmao), che si traduce in un accumulo nella circolazione e una maggiore quantità di Tmao circolante, con tutte le conseguenze note: le diete a base vegetale sono quindi suggerite come intervento per rallentare la progressione della malattia e ridurre il rischio cardiovascolare, forse spiegato in parte dalla ridotta produzione di Tmao.
La dieta Dash (Dietary attempt to stop hypertension) nei pazienti con malattia renale al IV stadio, ha dimostrato una riduzione media della pressione sistolica di 4,3 mm Hg dopo un anno dall’inclusione di frutta e verdura, rispetto all’assunzione di bicarbonato di sodio per l'acidosi metabolica.
Sebbene alcuni alimenti vegetali possano avere un alto contenuto di fosfati, ci sono prove che solo una frazione viene assorbita, intorno al 10-30%, mentre per i fosfati negli alimenti di origine animale si può raggiungere l'80%.
Nella pratica, i pazienti in stadio III e IV nutriti con una dieta vegetariana mostrano una minore escrezione sierica di fosfato, Fgf23 sierico e fosfato urinario rispetto a quelli con una dieta a base di carne con contenuto di fosfato equivalente. Infine, studi di coorte prospettici e retrospettivi dimostrano che chi consuma cibi a base vegetale presenta livelli sierici di fosfato significativamente più bassi nell'insufficienza renale.
È stato inoltre dimostrato che il consumo di fibre alimentari riduce l'urea, la creatinina e altre tossine, come p-cresil solfato e indossil solfato, migliorando la motilità intestinale che a sua volta riduce l'assorbimento delle tossine e ne aumenta l'escrezione fecale. Il quadro enterico si completa con il miglioramento dell’integrità della barriera colica e con la riduzione della permeabilità delle tossine, favorendo la crescita di un microbioma più ricco di batteri saccarolitici, a discapito dei proteolitici.
Le linee guida nutrizionali Kdoqi (Kidney disease outcomes quality initiative) recentemente aggiornate suggeriscono che “l'aumento dell'assunzione di frutta e verdura può ridurre il peso corporeo, la pressione sanguigna e la produzione netta di acido" sulla base di una raccomandazione di grado 2C.
Migliorare la qualità dei nutrienti dei pazienti includendo una percentuale maggiore di alimenti a base vegetale e riducendo al contempo l'assunzione sia totale di proteine, sia di fonti animali, può supportare il trattamento con farmaci nefroprotettivi, migliorare le complicanze della malattia renale e, potenzialmente, influenzare favorevolmente la progressione della malattia e la sopravvivenza del paziente.
Silvia Ambrogio
Bibliografia
- Kdoqi clinical practice guideline for nutrition in Ckd: 2020 update. American journal of kidney diseases, 76 (3) (2020), pp. S1-S107.
- Plant-Based diets for kidney disease: a guide for clinicians. American journal of kidney diseases. In press, journal pre-proof. online 16 October 2020.
- Plant-based diets, the gut microbiota, and Trimethylamine N-oxide production in chronic kidney disease: therapeutic potential and methodological considerations. Journal of renal nutrition. In press, corrected proof. online 29 June 2020.
- Impact of dietary potassium restrictions in Ckd on clinical outcomes: benefits of a plant-based diet. Kidney medicine. July-August 2020; Vol. 2, Issue 4. Pages 476-487.