Prof. Abenavoli, che informazioni abbiamo sugli eventi avversi da curcuma?
La tollerabilità e sicurezza per l’uomo della curcuma e della curcumina, il principale polifenolo naturale presente nel rizoma di Curcuma longa, così come le loro proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e anticancerogene, sono state dimostrate da numerosi studi clinici che hanno preso in esame le due sostanze sotto forma di polvere ed estratto standardizzati. Secondo il Comitato congiunto di esperti per gli integratori alimentari delle Nazioni unite e dell’Organizzazione mondiale della sanità e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), la dose giornaliera ammissibile della curcumina è di 0-3 mg/kg di peso corporeo. Gli unici effetti collaterali descritti, correlati soprattutto a un sovradosaggio, sono rappresentati da diarrea, nausea, dispepsia, cefalea, rash cutaneo, lieve aumento della fosfatasi alcalina sierica.
Che dire dell’epatotossicità?
Attualmente la diagnosi di danno epatico da farmaci o integratori viene posta attraverso la scala di Rucam - Roussel uclaf causality assessment method. Essa valuta la latenza intercorsa tra la somministrazione della molecola e le manifestazioni cliniche, il dechallange, ossia il decorso clinico dopo la sua sospensione e l’eventuale rechallange ossia la risposta dopo reintroduzione, nonché la possibilità di una patologia epatica pre-esistente, le eventuali reazioni immuno-allergiche, nonché la presenza di altri report simili presenti in letteratura. I gradi di causalità sono sicuro, probabile, possibile, improbabile, escluso. Contestualizzando quanto detto sui recenti casi di epatite acuta, si nota come le ipotesi diagnostiche formulate presentino sempre un grado di probabilità senza fornire certezza assoluta, proprio a sottolineare la difficoltà nel correlare l’assunzione degli estratti di curcuma con lo sviluppo del danno epatico, anche per la presenza di altri fattori in grado di influenzare il quadro clinico. Non è quindi possibile definire con accuratezza l’incidenza del danno epatico indotto da integratori alimentari, soprattutto a causa del notevole grado di variabilità a seconda delle casistiche valutate e dei Paesi considerati.
Quali sono le indicazioni della comunità scientifica su questo fronte?
Le linee guida sull’epatite da farmaci, pubblicate nel mese di giugno 2019 dall’Associazione europea per lo studio del fegato (Easl), non inseriscono la curcuma e i suoi derivati come integratori determinanti effetti avversi epatici. Nel paragrafo dedicato all’uso di fitoterapici e al rischio di sviluppare epatotossicità, in particolare, emerge la difficoltà di diagnosi nel determinare una relazione tra l’assunzione di integratori e il realizzarsi dell’evento avverso che necessiterebbe di esami approfonditi come la biopsia epatica nella diagnosi di epatite da sostanze esogene, nella valutazione del danno del parenchima epatico, ma soprattutto per la diagnosi differenziale con altre possibili malattie epatiche e in particolare quelle a genesi autoimmune.
Se la sente, dunque, di dare un messaggio rassicurante ai colleghi che si occupano quotidianamente di nutrizione?
I dati clinici della letteratura internazionale documentano le potenzialità terapeutiche della curcumina. Dalla sua grande efficacia sui disturbi legati allo stress ossidativo, al suo notevole impatto su patologie croniche, si registra il massimo interesse da parte della comunità scientifica nel continuare ad approfondire la conoscenza su questa molecola di origine naturale. Dal punto di vista clinico, se ne registrano la sicurezza e la tollerabilità, se assunta entro il range delle dosi consigliate. Gli effetti indesiderati correlati all’assunzione di curcumina sono minimi e facilmente gestibili.