I campioni sono stati esaminati mediante Cromatografia liquida ad alta prestazione/spettrometria di massa e Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul Journal of pharmaceutical and biomedical analysis.
Così commenta Andrea Fratter, presidente della Società italiana formulatori in nutraceutica (Sifnut): “L'articolo mette in evidenza una realtà che è già ampiamente conosciuta, ma non per questo affrontata né dalle aziende, né, tantomeno, dal legislatore: la variabilità titolometrica e quali-quantitativa dei botanicals. Nella fattispecie, i ricercatori hanno messo in evidenza in questo lavoro come 30 integratori alimentari a base di Curcuma Longa avessero un'elevata variabilità in termini di contenuto in curcuminoidi e turmeroni e che, nella maggior parte dei prodotti testati, la veridicità dell'etichetta in termini di titolo dei principi attivi fosse scarsa rispetto all'esatta composizione del prodotto. Anche la presenza di piperina, un noto bioavailability enhancer di cui peraltro non è mai stata comprovata la reale efficacia nell'uomo, risulta molto variabile. In sintesi, questo articolo dimostra, una volta di più, come sia necessario un intervento normativo che imponga un'analisi strumentale rigorosa e linee guida analitiche armonizzate degli estratti prima della loro commercializzazione, in modo che il titolo esatto della componente attiva sia riportato in etichetta, a tutela della qualità dei prodotti e, soprattutto, dei consumatori”. (n.m.)