Un’integrazione con vitamina D non aiuta a prevenire il diabete di tipo 2 nei soggetti a rischio. Questi i risultati dello studio D2d (Vitamin D and type 2 diabetes study), condotto dal National institute of diabetes and digestive and kidney diseases afferente agli Nih, appena pubblicati sul New England journal of medicine e presentati al 79.mo congresso Ada (American diabetes association) a San Francisco.

Un’integrazione con vitamina D potrebbe essere in grado di allungare la vita in caso di malattia tumorale. Questo quanto sostenuto da una revisione dei dati di alcuni trial clinici randomizzati condotta da ricercatori della Michigan State University (MSU) a East Lansing presentata in anteprima nel corso del congresso Asco (American society of clinical oncology) tenutosi di recente a Chicago e pubblicata come abstract nell’ultimo supplemento del Journal of clinical oncology.

Tutti gli studi presi in considerazione, in totale 10 per circa 80 mila persone coinvolte, indagavano il ruolo di una supplementazione di almeno 3 anni con vitamina D vs. placebo nella prevenzione del tumore e nella mortalità, con un follow up di almeno 4 anni. L’età media dei pazienti era di 68 anni, in una popolazione per il 78% femminile.

La supplementazione di vitamina D è risultata associata a una significativa riduzione della mortalità cancro-correlata rispetto al placebo, pari al 13%, mentre nessuna differenza statisticamente significativa è emersa rispetto all’incidenza di malattia.

“L’evidenza suggerisce un ruolo della vitamina D nel ridurre il rischio di mortalità per cancro, pur non offrendo alcuna prova di un ruolo nella prevenzione della malattia”, sottolinea Tarek Haykal, tra i principali autori dello studio. “Nonostante, però, questi promettenti risultati, c’è ancora molto da indagare rispetto ai dosaggi utili, agli eventuali meccanismi d’azione sottostanti e tempo di vita aggiunto che tale supplementazione può garantire. Molte domande sono ancora senza risposta, benché i nostri risultati sono sufficientemente solidi da poter suggerire ai medici di prescrivere vitamina D, in particolare ai pazienti con tumore. Sappiamo che ne derivano benefici con minimi effetti collaterali”.

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