Delle ricerche prese in esame, 17 hanno valutato la relazione tra consumo di fritti e rischio di malattie cardiovascolari, registrando 36.727 eventi, quali infarto o ictus, su 562.445 partecipanti. Sei, invece, per un totale di 754.873 soggetti coinvolti, hanno preso in esame il rischio di mortalità cardiovascolare o per altre cause, registrando 85.906 decessi in un periodo medio di monitoraggio di 9,5 anni.
La metanalisi ha mostrato che rispetto ai gruppi a più bassi livelli di consumo settimanale di cibi fritti, quelli ai livelli più alti presentavano un rischio superiore del 28% di eventi cardiovascolari maggiori, del 22% di malattia coronarica e del 37% di insufficienza cardiaca.
La relazione tra consumo e rischio è risultata lineare: ogni 114 g settimanali consumati, vi era un aumento del 3% di eventi cardiovascolari maggiori, 2% di malattia coronarica e 12% di insufficienza cardiaca.
Giacché diversi studi includevano solo un tipo di cibo fritto, come pesce, patate o snack, gli Autori suggeriscono che le evidenze potrebbero addirittura essere sottostimate.
Nessuna relazione è emersa con la mortalità cardiovascolare o di altro tipo ma detta dei ricercatori un limite potrebbe essere dovuto alla durata dei trial presi in esame, troppo breve per evidenziare eventi di mortalità.
Diverse le ipotesi suggerite dagli Autori alla base del rischio. Da una parte, sostengono, i cibi fritti aumentano l'apporto energetico a causa del loro contenuto di grassi e generano acidi grassi trans nocivi dagli oli vegetali idrogenati spesso usati per cucinarli. Il processo di frittura, poi, aumenta la produzione di sottoprodotti chimici che causano uno stato infiammatorio nell’organismo, mentre cibi come pollo fritto o patatine fritte sono generalmente ricchi di sale e spesso consumati insieme a bevande zuccherate.
Tra i limiti dello studio evidenziati dai ricercatori, il numero esiguo dei trial su ictus, insufficienza cardiaca, mortalità cardiovascolare e mortalità per tutte le cause ha ridotto la validità statistica dell’analisi. Il consumo di cibi fritti, inoltre, è stato registrato sulla base di auto-segnalazioni dei partecipanti, con evidenti limiti legati al ricordo di ciascuno.
Così concludono gli Autori: “La nostra metanalisi indica che il consumo di cibi aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, un’indicazione utile per supportare campagne educazionali di salute pubblica. Tuttavia, riteniamo necessarie ulteriori ricerche specifiche su questo fronte, considerati i limiti degli studi da noi presi in esame”.
Nicola Miglino