Latte, assolto dal rischio ipercolesterolemia

03 Giugno 2021

Bere latte non aumenta colesterolemia e rischio cardiovascolare, secondo quanto emerge da uno studio pubblicato nei giorni scorsi sull'International journal of obesity.

Diverse sono le ricerche del recente passato che hanno messo in correlazione il consumo di latticini con l’insorgenza di malattie cardiometaboliche, dall’obesità al diabete. Molti i bias, però, dalle dimensioni del campione coinvolto, alla tipologia di popolazioni.

Ecco allora che un gruppo di scienziati delle Università di Reading, South Australia e Auckland ha esaminato tre ampi trial di popolazione condotti nel Regno Unito, per un totale di circa due milioni di persone coinvolte, valutando, attraverso un approccio combinato tra genetica e sondaggio su abitudini dietetiche, se vi fosse correlazione tra consumo di latte e rischio cardiovascolare.

Originale la strategia genetica, che si è basata sulla presenza di una variante del gene codificante l’enzima lattasi, cruciale per la digestione del lattosio: la presenza di tale variante identificava consumatori abituali di latte, garantendo un sistema di controllo oggettivo rispetto alle dichiarazioni di ciascuno relative elle proprie abitudini.

I risultati evidenziano come nei consumatori abituali di latte si riscontrasse un Bmi più elevato, così come un aumento della massa grassa, senza però variazione di colesterolo totale, Hdl e Ldl, insieme a un rischio di malattia coronarica ridotto del 14% rispetto ai non bevitori.

Tra le spiegazioni possibili, secondo gli Autori, il fatto che calcio e lattosio contenuti nel latte possano avere un impatto sul metabolismo lipidico. Rispetto ad altri prodotti lattiero-caseari, inoltre, il latte è più povero di grassi ed è possibile che, per aumentare l'assunzione di calcio, chi ha un’intolleranza al lattosio tenda a consumare a utilizzare alimenti più grassi e meglio tollerati come formaggi e yogurt. Terza ipotesi: è possibile che l'assunzione aumenti l'escrezione degli acidi biliari portando così a una degradazione del colesterolo epatico. Un’ultima spiegazione, infine, riguarda una possibile azione sul microbiota intestinale in grado di alterare i processi di sintesi del colesterolo.

“Alla luce di quanto emerso nel nostro studio riteniamo che, prima di suggerire raccomandazioni sul consumo di latticini in prevenzione cardiovascolare, siano assolutamente necessari studi clinici di intervento di ampie dimensioni”.

Nicola Miglino

 

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