D’altro canto, la struttura e la funzionalità cerebrale dipendono dalla disponibilità di nutrienti appropriati, tra cui lipidi, amminoacidi, vitamine e minerali. Carenze nutrizionali specifiche, piuttosto che eccessi, nella dieta possono contribuire alla progressione o alla gravità della malattia o a innescare lo sviluppo della malattia stessa.
È quindi logico pensare che l’assunzione di cibo e la qualità degli alimenti abbiano un impatto sulla funzione cerebrale, il che rende la dieta una variabile modificabile per indirizzare la salute mentale, l’umore e le prestazioni cognitive.
Inoltre, ormoni intestinali, neuropeptidi, neurotrasmettitori e microbiota intestinale, sono influenzati direttamente dalla composizione della dieta. Sembra esserci dunque la convinzione generale che i consigli dietetici per la salute mentale siano inquadrati attorno a una solida base di prove scientifiche.
Studi epidemiologici trasversali basati sulla popolazione possono fornire informazioni su nutrienti e diete associati alla salute mentale e alle malattie, ma molto spesso non dimostrano una relazione causa-effetto (beneficio o rimedio). In realtà, per molte di queste affermazioni, è molto difficile dimostrare che particolari tipi di diete o componenti dietetiche specifiche contribuiscono alla salute mentale causando, prevenendo o curando le malattie
Nell’ambito della “Psichiatria nutrizionale”, sono stati identificati i reali componenti dietetici importanti per la salute mentale che interferiscono e modulano alcuni percorsi biologici legati a tali patologie, come infiammazione, stress ossidativo, microbioma intestinale e neuroplasticità. Nutraceutici come gli acidi grassi n-3, vitamine del gruppo B, probiotici, curcumina influenzano tali percorsi.
Con alcune eccezioni degne di nota, dunque, mancano studi di intervento dietetico adeguatamente controllati, di durata e specificità sufficienti, che dimostrino effetti benefici per la salute mentale. Gli studi sono spesso limitati metodologicamente a causa delle piccole dimensioni del campione, dell’eterogeneità all’interno dei campioni e della mancanza di biomarcatori.
Pertanto, sono necessari studi clinici più rigorosi e di alta qualità per capire quali agenti sono utili, a chi, in quali circostanze e a quale dosaggio. Inoltre, è necessaria anche un’indagine sistematica sui meccanismi e sui fattori di base che prevedono la risposta, incluso il potenziale ruolo della genetica, dell’infiammazione, dello stress ossidativo e del microbioma nell’influenzare l’efficacia del trattamento. Un importante passo futuro sarà scoprire i processi metabolici e cellulari che collegano la nutrizione alla funzione cerebrale nella salute e nelle malattie.
Congresso Sinut 2021, dalla relazione di Sheila Leone, dipartimento di Farmacia, Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara.