La ricerca ha reclutato 25.871 partecipanti, di età media pari a 67 anni, divisi equamente tra uomini e donne. Questi i bracci di trattamento, seguiti per poco più di 5 anni: vitamina D (2.000 UI/die) vs placebo; Omega-3 (1.000 mg/die) vs placebo.
Per tutta la durata del trial, si è registrata l’incidenza di una qualsiasi malattia di carattere autoimmune, dall’artrite reumatoide, alla psoriasi, a patologie tiroidee, per fare alcuni esempi. La diagnosi doveva essere confermata da una cartella clinica. Senza questa documentazione di supporto, il caso veniva classificato come “probabile”.
I risultati finali raccontano di 123 casi nel gruppo vitamina D rispetto ai 155 nel gruppo placebo, con riduzione del rischio relativo (Rr) del 22%. Nel gruppo Omega-3, invece, sono stati diagnosticati 130 casi rispetto ai 148 del gruppo placebo: una riduzione del Rr pari al 15%, non statisticamente significativa. Quando, però, si sono conteggiati anche i “probabili”, il gruppo Omega-3 ha fatto registrare una riduzione del Rr pari al 18%, un dato, questa volta, statisticamente significativo, con un effetto più marcato quanto più a lungo è stato il periodo di assunzione dell’integrazione.
Analizzando soltanto gli ultimi tre anni dello studio, il gruppo con vitamina D ha registrato il 39% di casi in meno rispetto al placebo, quello con Omega-3, il 10%.
“Si tratta di un’evidenza di estrema rilevanza clinica, dato che parliamo di sostanze sicure e considerato che non sono noti, al momento, interventi in grado di ridurre l’incidenza delle malattie autoimmuni", commentano gli Autori.
“Il nostro è uno studio su un campione di ampie dimensioni, di lunga durata e che ha registrato un’elevata compliance. Tra i limiti, segnaliamo il fatto di avere testato un solo dosaggio e che i risultati sarebbero da confermare in una popolazione più giovane. Detto ciò, però, possiamo sicuramente affermare che l’impiego di vitamina D e acidi grassi Omega-3 per cinque anni negli anziani è in grado di ridurre l'incidenza di malattie autoimmuni, con effetti più pronunciati dopo i primi due anni”.
Così commenta Andrea Poli, presidente della Nutrition Foundation of Italy: "Gli omega-3 hanno funzioni ormai ben note nella risoluzione di processi infiammatori grazie alla loro attività resolvinica. Gli acidi grassi omega-3 a lunga catena presenti nel sito dell’infiammazione, infatti, vengono convertiti enzimaticamente in sostanze quali resolvine, maresine e protectine, specializzate nella risoluzione dell’infiammazione stessa. Altrettanto accertato anche l’effetto di modulazione su questi fenomeni. La vitamina D, infatti, facilita la differenziazione dei monociti in macrofagi e aumenta la loro capacità di uccidere i batteri, modula la produzione di citochine infiammatorie e facilita l’esposizione dell'antigene, importante per attivare la produzione di anticorpi specifici. Molte cellule immunitarie sono infatti dotate di recettori per la vitamina D che ne condizionano la funzione quando attivati”.
Nicola Miglino