“Il morbo di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più comune al mondo”, sottolinea Kraneveld. “Il segno distintivo tia è la perdita di neuroni dopaminergici nella substantia nigra e la formazione di aggregati di fibrille di alfa-sinucleina, con conseguenti alterazioni motorie. Oltre ai noti deficit motori, però, spesso i pazienti soffrono anche di disfunzioni gastrointestinali che possono manifestarsi molti anni prima dell'esordio dei sintomi motori. Di recente, sta suscitando interesse la cosiddetta ipotesi Braak, in cui si postula che sottoprodotti nocivi del metabolismo microbico possano attraversare la barriera intestinale entrando in contatto con neuroni enterici e/o olfattori stimolando così l’aggregazione di fibrille di alfa-sinucleina che poi raggiungono il cervello tramite il nervo vago e il bulbo olfattorio. Dati preclinici hanno sondato il possibile impiego di strategie volte a migliorare l’equilibrio del microbiota intestinale, come trapianto fecale, terapie probiotiche e simbiotiche. Inoltre, in modelli murini l’integrazione nutrizionale ha dimostrato di migliorare l’effetto della terapia orale con levodopa. Detto ciò, rimane il fatto che vi è un'elevata necessità di terapie aggiuntive per il morbo di Parkinson che riducano i sintomi motori e non, partendo anche dalla consapevolezza che una scarsa funzionalità intestinale porta a una alterata funzionalità cerebrale e viceversa”.
Nicola Miglino