Lo studio prende spunto da ricerche precedenti che hanno identificato alimenti benefici sia per la salute che per l’ambiente, quali cereali integrali, frutta, verdure non amidacee, noci e oli vegetali ricchi in grassi insaturi, nonché alimenti che potrebbero essere dannosi per l’organismo e l’ambiente, come uova e carni rosse e lavorate. Le nuove evidenze suggeriscono che mangiare più cibi rispettosi del pianeta può aiutare a ridurre il rischio di morte da cancro, malattie cardiache, respiratorie e neurodegenerative.
"Abbiamo elaborato un nuovo punteggio dietetico, definito Planetary health diet score o Phdi, basato sulle migliori prove scientifiche attuali relative agli effetti degli alimenti sia sulla salute che sull'ambiente", sottolinea Linh Bui, ricercatore presso il dipartimento di Nutrizione della Harvard TH Chan School of Public Health. “I risultati hanno confermato la nostra ipotesi: un punteggio più alto è risultato associato a un minor rischio di mortalità”.
Per elaborare il Phdi, i ricercatori hanno preso in esame i dati esistenti sulle relazioni tra vari gruppi alimentari ed esiti sulla salute, sulla base di quanto indicato dalla dieta Eat-Lancet, che valuta gli alimenti anche sulla base dell’impatto ambientale delle pratiche di produzione.
Hanno poi utilizzato l’indice per analizzare i dati di oltre 100 mila partecipanti a due ampi studi di coorte condotti negli Stati Uniti. Il set di dati includeva oltre 47 mila decessi durante un periodo di follow-up che abbracciava più di 30 anni, dal 1986 al 2018.
Nel complesso, si è visto che le persone nel quintile di punteggio Phdi più alto avevano un rischio di morte per qualsiasi causa inferiore del 25% rispetto a quelli nel quintile più basso. Punteggi Phdi più alti erano associati a un rischio inferiore del 15% di morte per cancro o malattie cardiovascolari, del 20% per malattie neurodegenerative e del 50% per malattie respiratorie.
Saranno necessarie, sottolineano gli Autori, ulteriori ricerche per confermare questi dati e dare un’omogeneità di applicazione dell’indice, dal momento che specifiche condizioni di salute, diversa accessibilità al cibo, piuttosto che restrizioni al cibo d motivazioni di carattere religioso potrebbero non rendere il Phdi applicabile, al momento, in maniera universale.
Si tratta, però, di uno strumento, se convalidato, di grande utilità pratica per politici e operatori sanitari, in grado di supportarli nello sviluppo di strategie utili al miglioramento della salute pubblica e al contrasto alla crisi climatica.
“Ci auguriamo che i colleghi possano adattare questo indice a culture alimentari specifiche, per poter aver un quadro esaustivo di quanto gli alimenti nelle rispettive realtà siano correlati a salute e impatto ambientale, in termini di emissioni di gas serra, consumo di acqua e suolo”.
Nicola Miglino