Queste alcune delle avvertenze che la Società italiana di gastroenterologia ed endoscopia digestiva (Sige) ha diramato in un comunicato a seguito dei casi di epatopatia segnalati in Italia di recente e legati all’uso di integratori a base di curcuma.
“Problemi di epatotossicità sono descritti nel 5 per cento circa dei pazienti che usano integratori contenenti curcumina” sottolinea Patrizia Burra, ordinario di Gastroenterologia all’Università degli Studi di Padova e vicepresidente Sige. “Soprattutto a seguito di un uso protratto, superiore a un mese, tali prodotti possono causare un danno epatico dovuto forse ad alcuni componenti presenti che interagiscono con la curcumina, o all’interazione di questi integratori con farmaci assunti in concomitanza. Altro aspetto da sottolineare è che appaiono a maggior rischio le donne anziane, che sono anche le più grandi consumatrici di questi prodotti e che probabilmente non lo riferiscono al proprio medico, non ritenendone rischiosa l’assunzione, ma anzi di beneficio per la propria salute”.
E prosegue: “Anche nella nostra unità lo scorso anno è stata ricoverata una paziente per un episodio di epatite acuta da causa sconosciuta. In anamnesi era presente assunzione di integratori contenenti curcumina. Per quanto fossero rari i casi di un evento avverso del genere riportati in letteratura, il prodotto è stato tempestivamente sospeso e si è avuta la risoluzione del quadro epatitico. È quindi auspicabile che vengano effettuati studi più approfonditi per identificare le persone a rischio di sviluppare danno epatico in seguito all’assunzione dei derivati della Curcuma longa, prodotto naturale che da sempre viene classificato come antiossidante e protettivo del danno da steatosi e da alcol e coadiuvante del ripristino della funzione epatica”.
Secondo Domenico Alvaro, presidente Sige “La storia recente della curcumina deve essere di insegnamento, per alcune considerazioni a carattere generale. Innanzitutto, sono necessari accurati controlli anche per gli integratori che vengono messi in commercio. In secondo luogo, è il medico a doverne suggerire l’eventuale uso. Il danno epatico da farmaci o xenobiotici, infine, è nella maggior parte dei casi imprevedibile, dipendendo dalle caratteristiche genetiche del paziente per cui, alla comparsa di disturbi dopo l’assunzione, occorre sempre contattare il medico”.
Il documento Sige conclude ribadendo come “curarsi in modo naturale in linea di principio non è sbagliato, ma è fondamentale evitare il fai-da-te e affidarsi a degli specialisti competenti, soprattutto in caso di patologie severe. All’interno di questo nuovo scenario la curcumina ha assunto un ruolo importante. Si tratta del principale costituente della Curcuma longa, una spezia ampiamente utilizzata per le sue proprietà biologiche antiossidanti, antinfiammatorie e antineoplastiche. La principale azione della curcumina è quella di limitare la produzione di radicali liberi da stress ossidativo, indotto da cause diverse, e questo ne suggerisce l’impiego nei pazienti con steatosi epatica non alcolica, ma anche con epatopatia alcol-correlata, nei quali la insulinoresistenza da una parte, l’alcol dall’altra, provocano una serie di meccanismi di perossidazione lipidica, con produzione di radicali liberi e conseguente danno epatico”.