Low Fodmap o gluten free: la dieta da scegliere in caso di intestino irritabile

16 Dicembre 2020

I cambiamenti nello stile di vita e nel comportamento alimentare sono di solito il primo passo nella gestione dei sintomi in caso di sindrome dell'intestino irritabile (Ibs). Una dieta a basso contenuto di Fodmap piuttosto che priva di glutine sono tra gli approcci più frequentemente suggeriti ai pazienti. Di recente, un gruppo di lavoro interdisciplinare dell’Università di Pisa ha fatto il punto sui dati a oggi disponibili, pubblicando i risultati su Nutrients. Ne abbiamo parlato con Sara Tonarelli, dell’unità di Gastroentelogia presso il dipartimento di Ricerca traslazionale e nuove tecnologie in medicina e chirurgia dell’Università di Pisa, tra gli Autori dell’analisi.

D.ssa Tonarelli, innanzitutto in cosa consiste la sindrome del colon irritabile?

Si tratta di una patologia ad andamento cronico-recidivante, caratterizzata dalla presenza di dolore addominale e da alterazioni delle abitudini intestinali, quali diarrea, stipsi o entrambe, e da altri sintomi associati, come il gonfiore. Questi disturbi non vedono un’unica origine, ma riconoscono un’eziologia multifattoriale, ancora non ben compresa, a cui contribuiscono alterazioni dell'asse intestino-cervello, modifiche del microbiota intestinale, ipersensibilità viscerale, fattori psicosociali, alterata motilità intestinale e ipersensibilità ad alcuni alimenti.

Quali sono, a oggi, le terapie disponibili?

Il primo approccio al paziente dovrebbe basarsi sulla rassicurazione e sulla spiegazione della natura e delle cause dei sintomi. Si può quindi iniziare modificando lo stile di vita, per esempio stimolando il soggetto a incrementare l'attività fisica, limitandosi ad alcuni consigli alimentari generici tra cui la riduzione dell’introito di alcol e di cibi contenti lattosio e una maggiore assunzione di acqua e fibre. Se questo approccio non risulta efficace, le soluzioni farmacologiche sono molteplici e vanno discusse insieme al paziente in base al sintomo predominante. Tra le opzioni disponibili abbiamo i farmaci antispastici come  mebeverina e trimebutina, gli antidiarroici come loperamide e diosmectite, lassativi osmotici o da contatto, il polietilenglicole che agisce legando l'acqua con cui è ingerito, idratando così le feci, e i farmaci di più recente utilizzo come la linaclotide, che agisce sia sul sintomo stipsi aumentando la secrezione d'acqua a livello intestinale, sia sul dolore riducendo l’ipersensibilità viscerale. Un'altra categoria di farmaci di possibile utilizzo sono gli antidepressivi triciclici o gli inibitori della ricaptazione della serotonina, che agiscono modulando la sensibilità viscerale e rispettivamente su diarrea e stipsi.

Che ruolo gioca la correzione dietetica?

Molti dei nostri pazienti vedono nell’alimentazione un ruolo fondamentale nello sviluppo dei sintomi, spesso riconoscendo in certi cibi una relazione causa/effetto. Recentemente l'attenzione della comunità scientifica si è concentrata sul ruolo che hanno i carboidrati poco assorbibili e altamente fermentabili, i cosiddetti Fodmaps (Fermentable oligo-, di- and mono-saccharides and polyols, ndr), che possono richiamare acqua nell'intestino idratando le feci, e aumentare la produzione di gas da parte del microbiota intestinale, distendendo le pareti del lume intestinale. I Fodmap sono contenuti in diverse categorie di alimenti, quali frutta, verdura, legumi e cereali, miele, latte e latticini.

Nel vostro lavoro avete preso in considerazione due schemi alimentari: Lfd e Gfd. Di che si tratta?

La dieta a basso contenuto di Fodmap, o Lfd, e la dieta priva di glutine, o Gfd, sono tra le più consigliate per i pazienti affetti da Ibs. La Lfd si basa sulla restrizione, per un periodo limitato di tempo, dei carboidrati altamente fermentabili, con una loro graduale reintroduzione in base alla tolleranza individuale. Questo permette al paziente di riconoscere con precisione gli alimenti capaci di causare i sintomi tipici dell’Ibs. La Gfd è invece la dieta consigliata ai pazienti affetti da celiachia ed è notoriamente priva di qualsiasi alimento contenente glutine, spesso identificato dal paziente con Ibs come alimento scatenante i sintomi.

Alla fine, che conclusioni avete tratto e quali suggerimenti proporre ai colleghi nutrizionisti?

La Gfd nei pazienti affetti da Ibs può essere utile in quei pazienti che vedono esclusivamente i cibi contenenti glutine come quelli capaci di scatenare i sintomi.  La Lfd è certamente consigliabile a coloro che riconoscono una maggiore varietà di cibi come cause potenziali, specialmente quando i sintomi principali sono la diarrea e il gonfiore addominale ed è consigliata nelle più recenti linee guida come valida terapia per i pazienti affetti da Ibs. La Lfd è comunque una dieta piuttosto complessa che necessita della stretta sorveglianza da parte di uno specialista della nutrizione esperto nel trattare i pazienti con Ibs e capace di rassicurare, ascoltare e incoraggiare il paziente migliorandone il rapporto con il cibo. 

Nicola Miglino

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