uali sono le principali cause di infertilità femminile oggi note?
La più comune è la disfunzione ovulatoria che rappresenta circa il 25% delle diagnosi. Circa il 70% delle donne con anovulazione è affetta da policistosi ovarica o Pcos. Tale sindrome è un disturbo multifattoriale ed è caratterizzata da una combinazione di alterazioni cliniche, quali anovulazione e iperandrogenismo, biochimiche, come concentrazioni eccessive di androgeni e ormone luteinizzante e morfologiche, nel caso dell’ovaio policistico. Anche se l'eziologia della Pcos è complessa e controversa, il ruolo della insulino-resistenza è una componente eziologica fondamentale. In base a queste premesse, sono stati proposti diversi nutrienti come nuove strategie terapeutiche per i pazienti infertili con Pcos.
Che ruolo gioca l’endometriosi?
Parliamo di una condizione caratterizzata da infiammazione ginecologica cronica per la presenza di ghiandole endometriali funzionali all’esterno della cavità uterina. Colpisce il 7-10% delle donne in età riproduttiva e fino al 50% delle donne con infertilità. Sebbene i meccanismi fisiopatologici dell'endometriosi non siano stati completamente chiariti, diversi dati hanno dimostrato che essa è caratterizzata da un pattern infiammatorio sistemico e da una alterazione del sistema immunitario. Inoltre, è stato suggerito un ruolo patogenetico da parte di fattori ambientali, comprese le abitudini alimentari e i componenti nutrizionali. Dal momento che lo sviluppo dell'endometriosi richiede alterazioni in diversi percorsi biologici, diversi nutrienti sono stati proposti come trattamento supplementare per le pazienti con endometriosi associata infertilità.
Che cos’è, invece, l'infertilità idiopatica?
Identifica le forme inspiegate e si verifica nell'11% delle coppie infertili che richiedono trattamenti di fecondazione assistita. Sebbene sia universalmente accettato che alimentazione e stile di vita influenzino le prestazioni riproduttive preconcezionali, l'assistenza nutrizionale è spesso inadeguata. Recenti studi hanno dimostrato che le donne colpite da infertilità idiopatica spesso presentano squilibri dietetici non diagnosticati, in grado di influenzare negativamente la fertilità.
Che ruolo occupano gli integratori in questo ambito?
Al fine di aumentare le possibilità di gravidanza, molte donne richiedono trattamenti adiuvanti con supplementi dietetici. In un recente studio condotto in donne che stavano intraprendendo un percorso di fecondazione in vitro in un centro di fertilità nel Regno Unito, il 55% di loro riferiva l'uso di un qualche tipo di integratore con vari ingredienti. Inoltre, il 16% delle pazienti dichiarava di assumere solo acido folico. Il valore complessivo del mercato europeo degli integratori nel 2019 ha raggiunto i 13,2 miliardi di euro e l'Italia è il mercato principale con una quota del valore del 27%. Solo nel 2019 sono stati prescritti 28,6 milioni di integratori e l'area ginecologica ha raggiunto il 14% di tutte le prescrizioni. La logica di utilizzo è di supplire a una carenza di sostanze nutrizionali o di garantirne l’introito ottimale in grado di esercitare un effetto positivo sui diversi parametri di fertilità, come equilibrio ormonale, ovulazione, qualità ovocitaria, qualità embrionaria e probabilità di ottenere una gravidanza a termine.
Qual era l’obiettivo della vostra analisi e come è stata condotta?
L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di valutare in forma critica la composizione dei supplementi nutrizionali per l'infertilità femminile che sono disponibili nel mercato italiano. Basandoci sui lavori scientifici presenti nella letteratura internazionale, ne abbiamo stimato l'efficacia potenziale di ciascuno in relazione agli ingredienti contenuti e al loro dosaggio, per predire l'effetto delle varie formulazioni commerciali sugli esiti riproduttivi femminili.
Che risultati sono emersi?
Tra gli integratori valutati nel nostro studio, l'ingrediente più comune è il mio-inositolo, contenuto nell' 87,5% delle formulazioni. Gli inositoli comprendono una famiglia di nove stereoisomeri, di cui il mio-inositolo e il D-chiro inositolo sono le isoforme più comuni nelle cellule eucariotiche. Queste molecole partecipano a una molteplice varietà di funzioni biologiche, tra cui: vie di segnalazione, funzionalità riproduttiva, crescita e sopravvivenza cellulare.
In relazione alla fertilità femminile, è stato dimostrato che gli inositoli facilitano i processi ovulatori attraverso un'azione insulino-sensibilizzante. Inoltre, è stato evidenziato che il mio-inositolo esercita un'azione positiva sulla maturazione in vitro di ovociti di ratti, suggerendo un effetto migliorativo sulla qualità degli ovociti e sullo sviluppo dell'embrione. Inoltre, una recente revisione sistematica ha mostrato che l'uso quotidiano di 4 g di mio-inositolo era efficace nel ridurre la gonadotropina corionica somministrata a donne sottoposte a fecondazione in vitro. Questi dati suggeriscono che tale molecola possa avere un'azione sensibilizzante a carico delle ovaie verso la gonadotropina. Tuttavia, il nostro studio ha mostrato che i livelli di mio-inositolo nelle varie formulazioni, non erano soddisfacenti. La dose minima efficace, o mED, di 4 g/die, era garantita solo nel 13,4% dei casi. Nei restanti supplementi, la concentrazione di mio-inositolo era di 2 g o addirittura inferiore. Il D-chiro l'inositolo era presente in quantità soddisfacente in quattro prodotti e sottodosato in altre quattro formulazioni.
Oltre agli inositoli, vogliamo passare in rassegna gli altri ingredienti che avete esaminato?
L'acido folico è il secondo ingrediente più comune, incluso nell’ 83% dei prodotti valutati. In quattro integratori, il suo dosaggio non raggiungeva la mED, pari a 400 mcg. Questo aspetto è rilevante in quanto l'Oms raccomanda a tutte le donne in età riproduttiva una supplementazione quotidiana di 400 mcg di acido folico, oltre a consumare alimenti ricchi in folati, al fine di prevenire i difetti del tubo neurale, i cosiddetti Ntd. Inoltre, la supplementazione peri-concezionale di acido folico ha dimostrato di ridurre l'incidenza di difetti alla nascita non-Ntd, inclusi palatoschisi, deficit di riduzione degli arti e difetti genito-urinari. Pertanto, quei supplementi che contengono basse dosi di acido folico, inferiori a 400 mcg/die, probabilmente non riducono il rischio di difetti congeniti Ntd e non-Ntd.
La vitamina D3 era inclusa in circa il 30% degli integratori valutati. Si tratta di un ormone steroideo liposolubile che sottende a diverse funzioni fisiologiche di tipo autocrino, paracrino ed endocrino nel sistema riproduttivo femminile. Questo ormone modula il reclutamento dei follicoli attraverso la regolazione della secrezione dell'ormone anti-mulleriano. Inoltre, questa sostanza è coinvolta nella regolazione della proliferazione delle cellule ovariche ed endometriali. Tuttavia, i livelli sierici della vitamina D in donne sottoposte a fecondazione in vitro non sembrano influenzare il risultato della pratica clinica, e gli effetti della supplementazione di vitamina D3 sulla fertilità femminile sono ancora oggetto di valutazione. In questo studio, abbiamo osservato che tutti gli integratori analizzati erano sottodosati per quanto riguarda la mED della vitamina D3, sollevando inevitabilmente dubbi sull’utilità di questa molecola nelle varie formulazioni commerciali.
La melatonina era contenuta in due integratori. La melatonina è un ormone a basso peso molecolare che modula molteplici vie metaboliche negli esseri umani, compresa la regolazione di alcuni ritmi biologici, meccanismi riproduttivi e di pathway immunitari. Per quanto riguarda la fertilità femminile, è stato dimostrato che la sua supplementazione ha un effetto positivo sulla qualità ovocitaria ed embrionale e sulla funzione luteinica. Per questi motivi, attualmente è considerata come una promettente molecola nel campo dell’infertilità femminile. Tuttavia, la nostra analisi ha rilevato che, quando la melatonina era presente, la sua concentrazione era tre volte inferiore alla mED, 1 mg vs 3 mg. Questa scelta dei produttori dipende dal fatto che il nostro ministero della Salute, nel 2013, ha abbassato la dose ammessa di melatonina negli integratori da 5 a 1 mg/die, in seguito alle direttive dell’Efsa. La posizione dell'Efsa, però, si basa sull'evidenza che la melatonina è efficace sui disturbi del sonno a una dose inferiore a 1 mg. Attualmente però, nessuno studio clinico condotto in ambito riproduttivo ha utilizzato una dose così bassa.
La N-acetil-cisteina, o Nac, è stata inclusa in un unico supplemento. Questa molecola presenta spiccate attività antiossidanti, mucolitiche nonché proprietà insulino-sensibilizzanti. Per questi motivi, la Nac è comunemente usata come coadiuvante per il trattamento di diverse condizioni patologiche soprattutto a carico dei polmoni, del cuore e del fegato. In ambito ginecologico, è stato dimostrato che un’integrazione con Nac migliora l'ovulazione spontanea, anche in donne con sindrome dell'ovaio policistico, la qualità dell'ovocita e dell'embrione in donne infertili sottoposte a fecondazione in vitro.
Il CoenzimaQ10 è un potente scavenger di radicali liberi e agisce pertanto come antiossidante nei mitocondri. Questi organelli giocano un ruolo cruciale nella regolazione del metabolismo energetico e sono sede di notevoli attacchi ossidativi. Il CoQ10 svolge un ruolo importante nella protezione dei gameti femminili dallo stress ossidativo; infatti, la sua concentrazione nel fluido follicolare è significativamente inferiore in donne di età avanzata piuttosto che in quelle giovani. L’integrazione con tale molecola è stata associata a un miglioramento della qualità degli ovociti sia nell'animale che in studi condotti sull’uomo, suggerendone pertanto un potenziale ruolo come coadiuvante nel miglioramento della fertilità in donne infertili. Sia Nac che CoQ10 erano presenti negli integratori analizzati in concentrazioni che non raggiungevano la mED.
Alla luce di questi risultati, quali conclusioni si sente di trarre e quali, a suo giudizio, le prospettive?
Attraverso questo studio, abbiamo dimostrato che la maggior parte degli integratori commercializzati in Italia per l'infertilità femminile contiene almeno uno o più ingredienti senza alcun effetto dimostrato. Inoltre, in questi prodotti, gli ingredienti di comprovata efficacia sono spesso utilizzati a dosi non efficaci e/o sono combinati con una varietà di nutrienti con effetti non dimostrati sulla fertilità femminile. Questi risultati sollevano forti dubbi sulla potenziale efficacia di molti supplementi commercializzati in Italia per l'infertilità femminile. Pertanto, il nostro approccio dovrebbe essere preso in grande considerazione da parte delle aziende che preparano e immettono nel mercato italiano e straniero integratori. per l’infertilità femminile.
Nicola Miglino