D.ssa Khazrai, da quali premesse nasce l’idea dello studio?
Lo studio nasce dalla volontà di valutare se fonti proteiche diverse possano avere un effetto differente sulla modulazione del microbiota intestinale in soggetti in eccesso ponderale. In questi anni la prevalenza dell’obesità sta rapidamente aumentando e questa crescente epidemia ha portato i professionisti a ricercare la strategia dietetica più efficace per ottenere una sana perdita di peso, prendendo in considerazione anche il miglioramento della composizione del microbiota intestinale. Infatti, studi in letteratura mostrano come un fattore di primaria importanza nella condizione dell’eccesso ponderale sia l’alterazione del microbiota intestinale, nota come disbiosi, che risulta essere coinvolta nella patogenesi dell’ infiammazione di basso grado sottesa alla condizione di obesità. D’altro canto però, bisogna considerare un’altra importante variabile, ovvero la fonte di queste proteine e il loro diverso impatto nella modulazione del microbiota intestinale. L’interesse in questo ambito, infatti, ci ha portati anche a condurre uno studio interventistico ancora in corso per valutare l’effetto delle proteine vegetali sulla composizione del microbiota intestinale.
Qual era l’obiettivo del vostro lavoro?
La revisione della letteratura di recente pubblicazione mirava ad analizzare gli effetti di proteine di origine animale e vegetale sulla variazione della composizione del microbiota intestinale in soggetti in eccesso ponderale.
D.ssa Di Rosa, che tipo di studi avete incluso nella review?
Sono stati inclusi articoli originali, revisioni della letteratura e metanalisi presenti in letteratura e pubblicati fino a febbraio 2023. Abbiamo preso in considerazione studi su soggetti in eccesso ponderale che prevedevano un quantitativo di proteine superiore al 20% dell’energia totale o maggiore di 1,3 g/kg di peso corporeo al giorno. Sono stati esclusi studi su soggetti normopeso o articoli non ancora pubblicati o pubblicati in lingue diverse dall’inglese o studi in cui il quantitativo di proteine somministrato non era indicato.
D.ssa Di Francesco, quali risultati sono emersi?
I risultati ottenuti hanno evidenziato che un aumentato apporto delle proteine di origine animale comporta un incremento di batteri quali Bilophila, Bacteroides fragilis e vulgatus e una diminuzione delle specie antinfiammatorie quali Roseburia ed Eubacterium rectale. Inoltre l’associazione delle proteine di origine animale ad un alto consumo di lipidi e ad un basso consumo di fibra, tipico della Western diet, si è visto essere associato ad un aumento di Fusobacterium e delle popolazioni ad attività pro-infiammatoria. Al contrario, un consumo di proteine di origine vegetale promuove l’aumento di specie produttrici di butirrato, un acido grasso a catena corta fondamentale nel mantenimento dell’integrità della barriera intestinale. Si è visto, infatti, come pattern alimentari ricchi di proteine di origine vegetale, fibra e grassi insaturi come le diete mediterranea, vegetariana e vegana, determinino un aumento delle popolazioni batteriche quali Prevotella, Roseburia, Faecalibacterium prausnitzii, Bifidobacteri, Anaerostipes, Bacteroidetes e Bacteroides thetaiotaomicron e una riduzione dei Firmicutes e del Bacteroides fragilis, un batterio pro-infiammatorio, generalmente aumentati nei soggetti con obesità.
D.ssa Khazrai, quali conclusioni e implicazioni se ne possono trarre?
Dalla revisione della letteratura effettuata è emerso che non è importante solo la quantità delle proteine giornaliere assunte ma anche la loro fonte, distinguendole tra animali e vegetali. Inoltre, anche il pattern alimentare gioca un ruolo preponderante. Per esempio, un’alta aderenza alla dieta mediterranea, ricca in carboidrati a basso indice glicemico, proteine vegetali, frutta e verdura, con una quota adeguata di grassi, specialmente monoinsaturi, contenuti nell’olio extravergine di oliva e poche proteine di origine animale, determina una maggiore diversità microbica e un aumento delle specie batteriche anti-infiammatorie. Il pattern alimentare di tipo mediterraneo, infatti, contribuisce a modulare positivamente le interazioni tra microbiota e ospite determinando non solo una migliore gestione del peso corporeo ma anche la riduzione dell’infiammazione di basso grado tipica dell’obesità e una maggiore prevenzione delle malattie croniche.
Nicola Miglino