Estratti vegetali, la proposta dei produttori europei sul nodo “indicazioni”

10 Marzo 2021

Presentata lo scorso gennaio da Ehpm, la Federazione europea che rappresenta il settore degli integratori alimentari, una proposta di revisione dei criteri continentali di valutazione per l’attribuzione di claim salutistici ai prodotti contenenti estratti vegetali, i cosiddetti botanicals.

L’obiettivo è quello di intraprendere un percorso di dialogo con le istituzioni attraverso un’azione concreta in grado di sciogliere uno dei nodi più critici in ambito regolatorio, con ricadute innanzitutto sul fronte della sicurezza e della trasparenza nei confronti dei consumatori ma anche su tutto il comparto industriale di settore.

“Il regolamento europeo attuale, in vigore dal 2006, non ha purtroppo prodotto i risultati sperati, come riconosciuto dalla stessa Commissione lo scorso maggio” sottolinea Livia Menichetti, direttore generale di Ehpm. “Il regolamento stabilisce che le indicazioni sulla salute per gli alimenti, comprese le piante, dovrebbero essere autorizzate da parte di Efsa solo dopo una valutazione del più alto livello di evidenza possibile, compresi studi di intervento sull’uomo.  Il risultato di queste regole stringenti è stato che nel 2009 nessuna indicazione aveva ricevuto parere favorevole e così, nel 2010, la Commissione europea ha deciso di stabilire un elenco di circa 2 mila claim “in sospeso”, rendendosi conto che la loro valutazione attraverso l’approccio adottato inizialmente da Efsa avrebbe sicuramente portato a una loro bocciatura. Gli stessi claim, però, possono essere utilizzati sul mercato dell'Ue sotto la responsabilità degli operatori commerciali a condizione che siano conformi ai principi generali e alle condizioni del regolamento sulle indicazioni e alle disposizioni nazionali pertinenti, in attesa di una decisione definitiva della Ce. La maggior parte dei Paesi membri ha, infatti, interpretato questa sospensiva come facoltà all’uso delle indicazioni che così oggi vengono comunque impiegate. L’incertezza regolatoria creata da questa soluzione temporanea ma prolungata nel tempo non è soddisfacente per gli enti regolatori, per i consumatori ma neanche per le aziende del settore. Infatti, tale situazione ha determinato una battuta d’arresto sul fronte della ricerca in questo campo, giacché le aziende non avrebbero beneficiato di prodotti innovativi in un mercato normato in maniera così poco chiara. Infine, il regolamento presenta un ulteriore aspetto critico in quanto non indica come criterio di indirizzo la tradizione d’uso, cosa che invece, per esempio, Ema fa nel processo autorizzativo dei fitofarmaci.”

Ecco così che il gruppo di lavoro sui botanicals di Ehpm, guidato da Jonathan Griffith, ha presentato un’ipotesi di modello valutativo che tiene conto di tutte queste criticità e che si basa su una classificazione per gradi delle evidenze a supporto del claims.

Il primo livello è definito di tipo A, ovvero “supportato da evidenze scientifiche definite” sulla base di studi clinici che consentono di dire che “l’ingrediente A contribuisce all’effetto B”. Il secondo livello, di tipo B, è basato su “significative evidenze scientifiche” legate a risultati convergenti di più studi piuttosto che di trial osservazionali che consentono di dire che “l’ingrediente A può contribuire all’effetto B”. Infine, il livello C “basato sulla tradizione d’uso” di almeno 25 anni che consente di dire che “A è tradizionalmente impiegato per l’effetto B”.

“Con il gruppo di nostri esperti stiamo ora lavorando alla messa punto di una esemplificazione pratica dell’impiego di tali criteri alla luce di quanto oggi disponibile sul mercato”, conclude Menichetti. “Abbiamo riscontrato interesse da parte della Commissione dopo il nostro primo incontro, anche se al momento ci è stato detto che prioritario è lavorare sulla standardizzazione dei livelli massimi di vitamine e sali minerali in tutta Europa. Da parte nostra, si tratta di un primo passo nella direzione di fare chiarezza in un ambito normativo che sta obiettivamente creando enormi difficoltà all’industria da una parte e, dall’altra, messaggi spesso non coretti ai consumatori”.

Nicola Miglino

 

 

 

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