Proprio sul Nucleus accumbens si è concentrata l’attenzione del National institute on drug abuse (Nida) e di altri nove istituti, tutti afferenti ai National institutes of health di Bethesda, che attraverso tecniche di imaging hanno voluto indagare se vi fosse una relazione tra alterazioni microstrutturali di quella parte del cervello e l’aumento di peso nei più piccoli.
Lo studio, pubblicato su Proceedings of the national academy of sciences, ha preso in esame i dati di 5.366 partecipanti all’Adolescent brain cognitive development, un trial che sta seguendo circa 12 mila bambini fino alle soglie dell’età adulta per valutare i fattori che influenzano lo sviluppo neurocognitivo e la crescita in generale.
Si tratta di bambini di età compresa tra 9 e 10 anni al basale, di cui 2.133 tornati per una visita di follow-up dopo un anno. A distanza di 12 mesi si è evidenziato un aumento medio della circonferenza vita di 2,76 centimetri. Attraverso una particolare tecnica di risonanza magnetica, i ricercatori sono andati a misurare la densità cellulare a livello del NAcc, riscontrando come questa riflettesse le variazioni della circonferenza vita nel tempo, rivelandosi potenziale marker predittivo nell’arco dei 12 mesi.
“I risultati del nostro studio forniscono le prime prove di una correlazione tra differenze microstrutturali del cervello, circonferenza vita e indice di massa corporea nei bambini” commentano gli Autori. “Tali alterazioni microstrutturali legate alla densità cellulare potrebbero essere indicative di processi infiammatori innescati da una dieta ricca di cibi grassi. Si tratta di dati che confermano nell’uomo quanto già osservato negli animali, rivelando un potenziale circolo vizioso per cui l’infiammazione nelle regioni striatali indotta da una dieta malsana promuove ulteriori comportamenti alimentari sbagliati e aumento di peso. Sono sicuramente necessari ulteriori livelli di analisi per comprendere i legami tra obesità e sistema neurocognitivo, ma questo lavoro per la prima volta comincia a mettere assieme risultati osservati nei modelli animali di obesità con quelli osservati nell’uomo attraverso tecniche di neuroimaging”.
Nicola Miglino