Lotta al Covid-19: benefici significativi da probiotico multiceppo

23 Febbraio 2022

Un nuovo contributo alla lotta contro il Covid-19 potrebbe arrivare dai probiotici. È quanto emerge da uno studio pubblicato di recente su Gut Microbes.

Secondo la ricerca, la formula AB21, costituita da tre ceppi di Lactiplantibacillus plantarum (KABP022, KABP023 e KABP033) e uno di Pediococcus acidilactici (KABP021), produce significativi effetti positivi nei pazienti ambulatoriali, con benefici sul tasso di remissione, durata dei sintomi e carica virale. A renderli possibili è l’interconnessione tra microbiota intestinale e immunità polmonare del cosiddetto asse intestino-polmone.

Una scoperta importante, che potrebbe portare a nuove opzioni per il trattamento della malattia lieve e che lascia spazio a ulteriori approfondimenti: a oggi, non esiste un trattamento a base di probiotici approvato o raccomandato per trattare o prevenire il Covid-19 ma, se altre ricerche confermassero questi dati, si potrebbero aprire nuovi scenari.

Nello studio, i ricercatori hanno coinvolto 293 pazienti tra i 18 e 60 anni con diagnosi di Sars-CoV-2 lieve, non ospedalizzati di cui 126 (42%) con noti fattori di rischio come diabete e/o ipertensione; 147 pazienti sono stati trattati con AB21, 146 trattati con placebo.

Il probiotico è stato somministrato una volta al giorno per 30 giorni. Al termine del periodo di osservazione, il 53,1% dei pazienti nel gruppo probiotico ha raggiunto la remissione completa (totale eliminazione dei sintomi e della carica virale), contro il 28,1% del gruppo placebo: una differenza statisticamente significativa. Significativa, anche, la riduzione della durata dei sintomi, della carica virale e degli infiltrati polmonari, con al contempo un aumento degli anticorpi IgM e IgG, specifici per Sars-coV-2. Non sono state rilevate, invece, modifiche significative nel microbiota fecale, suggerendo che la formula probiotica abbia influenzato l’asse intestino-polmone principalmente stimolando il sistema immunitario dell'ospite piuttosto che alterando la composizione del microbiota del colon.

In altre parole, con la combinazione probiotica testata, i sintomi da Covid-19 sembrano avere una durata più breve, la carica virale si riduce, gli anticorpi aumentano e gli effetti collaterali, che per lo più riguardano disturbi digestivi, sono marginali.

Del resto, analisi dettagliate degli studi esistenti hanno suggerito che i probiotici orali possono avere un ruolo nelle infezioni respiratorie come il raffreddore e l'influenza. È importante ricordare che durante la realizzazione della ricerca, non si sono verificati aggravamenti da Covid-19 che hanno richiesto il ricovero o il ricovero in terapia intensiva o che hanno portato alla morte. Pertanto, non è stato possibile valutare direttamente l'utilità di questo probiotico nella prevenzione dell'aggravamento o del decesso causato dal Covid-19.

Lo studio, inoltre, è stato condotto in un singolo centro, includendo solo pazienti di etnia ispanica di età compresa tra i 18 e i 60 anni: in futuro saranno necessari ulteriori approfondimenti sulle popolazioni di altre etnie e fasce di età.

"I risultati positivi riportati da questo studio sono un importante passo avanti nel nostro continuo impegno a sostegno dei pazienti Covid-19”, commenta Pedro Gutiérrez-Castrellón, dell’Ospedale Manuel Gea González di Città del Messico e prima firma dello studio. “Poche ricerche, finora, hanno evidenziato soluzioni efficaci per ridurre la durata dei sintomi e la carica virale nei pazienti ambulatoriali Covid-19. Un probiotico orale che aiuti non solo a ridurre la carica virale ma anche gli infiltrati polmonari e la durata dei sintomi potrebbe aiutare quindi a supportare i pazienti ambulatoriali in modo più semplice, affiancando le terapie standard riconosciute.”

Così commenta Lorenzo Morelli, direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari dell’Università Cattolica. “Ci sono due fattori che rendono lo studio pioniere e determinante per il futuro di questo filone scientifico. Il primo è che la formula probiotica è tra le primissime nate dopo un attento lavoro di sequenziamento del Dna cromosomico. Grazie a questi rigorosi criteri scientifici i ricercatori hanno potuto scegliere i componenti più appropriati creando una formula inusuale, composta da un mix di probiotici appartenenti anche allo stesso ceppo. Il secondo fattore è il numero di soggetti considerati. Solitamente le ricerche sui probiotici avvengono su poche decine di pazienti, mentre questa volta sono stati quasi 300, un numero ancora lontano dagli standard necessari per i test farmacologici, ma comunque considerevole in questo ambito. Il lavoro di sequenziamento del Dna, precedente all’osservazione dei pazienti, e il numero di soggetti fanno dello studio un benchmark per ricerche future.” (n.m.)

 

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