Ci ha pensato la Siprec (Società italiana per la prevenzione cardiovascolare), riunitasi di recente a Napoli per il suo 17.mo congresso nazionale.
“Il risultato è un quadro aggiornato ed esaustivo delle varie tipologie di nutraceutici a oggi disponibili e del loro ruolo come coadiuvanti di un corretto stile di vita nell’ambito della prevenzione o di un trattamento con farmaci tradizionali” sottolinea Massimo Volpe, presidente Siprec.
Di seguito le indicazioni per ambito clinico.
Nutraceutici e dislipidemie
Le linee guida congiunte della Società europea di cardiologia e della Società europea di aterosclerosi (Esc/Eas) consigliano l’uso dei fitosteroli nella gestione clinica delle dislipidemie, tra gli interventi pre-farmacologici, nei soggetti a rischio cardiovascolare basso-moderato. Anche i soggetti che sviluppano effetti collaterali con i farmaci tradizionali (statine) possono beneficiare dell’impiego di alcuni nutraceutici. Le classi di nutraceutici più utilizzate per ridurre il colesterolo sono: berberina, monacolina K (prodotto di fermentazione del riso rosso ad opera del fungo Aspergillus terreus) e policosanoli.
La somministrazione contemporanea di questi tre principi può determinare una riduzione del colesterolo Ldl fino al 22 per cento; per questo il loro utilizzo è indicato nei soggetti con iperlipemia di grado lieve-moderato, in assenza di altre patologie che condizionino il rischio cardiovascolare. La monacolina K (che è un analogo strutturale della lovastatina) inibisce la sintesi epatica di colesterolo. È contenuta nel riso rosso fermentato, che è da tempo utilizzato nella medicina tradizionale cinese. Gli steroli vegetali (fitosteroli) riducono l’assorbimento intestinale di colesterolo; il consumo di 1-3 grammi di fitosteroli al giorno, riduce il colesterolo Ldl del 5-15 per cento.
La berberina (presente nella corteccia di alcune piante del genere Berberis) riduce il colesterolo aumentando l’attività e la disponibilità dei recettori epatici per le Ldl, attraverso l’inibizione della proteina Pcsk9 (direttamente implicata nella degradazione intracellulare dei recettori delle Ldl). Questo nutraceutico ha anche un’azione ipoglicemizzante, legata probabilmente alla sua capacità di far aumentare l’espressione di recettori per l’insulina. Queste caratteristiche la rendono dunque molto interessante nella prevenzione cardiovascolare nei soggetti con sindrome metabolica.
L’azione ipocolesterolemizzante della fibra alimentare è legata all’inibizione dell’assorbimento intestinale del colesterolo, favorendo al contempo la sua escrezione fecale. Un consumo di 3 grammi di fibra al giorno determina una riduzione di Ldl del 5-6 per cento. Effetti positivi sul colesterolo sono stati descritti per varie fibre: chitosano, pectine, glucomannano, beta-glucano (quest’ultimo ha effetti benefici anche sui valori della glicemia). I polifenoli svolgono azione antiossidante e si ipotizza che inibiscano l’Hmg-CoA reduttasi, azione questa responsabile del loro effetto ipocolesterolemizzante.
Nutraceutici e ipertensione arteriosa
Cioccolato fondente (con almeno l’80 per cento di cacao) e succo di barbabietola sono al momento i due nutraceutici con le più convincenti prove di efficacia sull’ipertensione arteriosa. Ma sono numerosi i nutrienti che svolgono un’azione antipertensiva. Oltre ai flavonoidi del cacao e al succo di barbabietola da zucchero, anche licopene, resveratrolo, tè verde, acidi grassi polinsaturi, isoflavoni, lactotripeptidi e peptidi del pesce, L-arginina, potassio, magnesio chelato, calcio, vitamina C, coenzima Q10; picnogenolo, melatonina a rilascio controllato, estratto di aglio invecchiato, probiotici, te di Giava ha un effetto sulla pressione arteriosa. L’azione ipotensiva (riduzione della sistolica fino a 4-5 mmHg e della diastolica fino a 2-3 mmHg) spesso è dovuta al loro effetto antiossidante, che consegue ad un aumento di biodisponibilità dell’ossido nitrico. Questi nutraceutici possono essere utilizzati come coadiuvanti delle norme dietetico-comportamentali nei soggetti con ‘pre-ipertensione’ (pressione normale-alta, 130-139/85-89 mmHg).
I meccanismi attraverso i quali i nutraceutici possono ridurre i valori pressori a volte sono simili a quelli del farmaci antipertensivi. Alcuni peptidi del pesce ad esempio, il picnogenolo e forse i lactotripeptidi, alcuni probiotici e l’estratto di aglio invecchiato hanno un’azione Ace-inibitoria. L’aglio avrebbe anche un’azione simil calcio-antagonista, come anche il magnesio chelato. I polifenoli del cacao migliorano la biodisponibilità di monossido d’azoto (No) e quindi la funzione endoteliale. Una metanalisi su 20 studi clinici controllati e in doppio cieco ha dimostrato che il cioccolato fondente riduce la pressione arteriosa sistolica di 2,77 mmHg e la diastolica di 2,20 mmHg.
I flavonoli, presenti in elevate concentrazioni nel tè, cacao e vino rosso, sono i responsabili principali degli effetti cardiovascolari benefici attribuiti al cacao. Anche i composti fenolici contenuti nelle foglie dell’olivo (oleuropeosidi, flavoni, flavonoli, ecc) esercitano un’azione ipotensiva, mediata dalla vasodilatazione da rilassamento della muscolatura liscia dei vasi arteriosi; questo effetto è legato ad un’azione tipo ‘calcio-antagonista’. Nel 2015 i soggetti affetti da ipertensione arteriosa nel mondo erano 1,13 miliardi e le proiezioni per il 2025 parlano di 1,5 miliardi. La prevalenza di questa condizione nella popolazione adulta è del 30-45 per cento, ma oltre i 60 anni supera il 60 per cento.
Nutraceutici e diabete mellito
Vari nutrienti con proprietà antiossidanti possono contribuire a migliorare l’omeostasi glucidica e a proteggere dalle complicanze del diabete. I polifenoli ad esempio riducono l’assorbimento intestinale di glucosio (attraverso l’inibizione di S-Glut-1). L’acido lipoico svolge un’azione di prevenzione della polineuropatia diabetica. I risultati degli studi di intervento sull’uomo sull’efficacia dei nutraceutici nella regolazione della glicemia nei soggetti con diabete e in quelli a rischio sono tuttavia pochi e a volte contrastanti. Una dieta ricca di fibre (legumi, frutta, verdura) ha effetti benefici sul controllo glicemico, a breve e medio-lungo termine. Le fibre idrosolubili svolgono questa azione rallentando lo svuotamento gastrico, riducendo l’assorbimento intestinale dei carboidrati, favorendo la produzione a livello del colon di acidi grassi a catena corta che hanno un’influenza benefica sul metabolismo glucidico. Un consumo giornaliero di almeno 30 grammi di fibre migliora il controllo glicemico e contribuisce a prevenire le malattie cardiovascolari. Se non si riesce a mantenere questo apporto con la dieta, si può ricorrere a supplementi contenenti betaglucani, psyllium, gomma guar, glucomannano, pectine.
L’Efsa (Agenzia europea per la sicurezza alimentare) ha approvato i ‘claim’ per la riduzione della glicemia post-prandiale da parte dei beta-glucani, dell’idrossipropilmeticellulosa e delle pectine. Una dieta ricca di polifenoli (presenti nei cereali, verdura, frutta, caffè, tè, cioccolato) si associa a un miglioramento dei parametri metabolici (glicemia, colesterolo, trigliceridi, pressione arteriosa) e al rischio di sviluppare diabete, malattie cardiovascolari e alcune neoplasie.
Per quanto riguarda gli effetti sulla glicemia, i polifenoli inibiscono l’assorbimento di glucosio a livello intestinale, proteggono le cellule beta-pancreatiche dalla glucotossicità, riducono la produzione epatica di glucosio, migliorano l’utilizzazione di glucosio da parte i vari organi. I polifenoli più efficaci nel migliorare il metabolismo glucidico sono i flavan-3-oli (tè verde, cioccolato), gli isoflavoni della soia (geinsteina), i polifenoli dell’olio extravergine d’oliva, il resveratrolo (bucce d’uva). La berberina potrebbe esercitare un’azione ipoglicemizzante attraverso la regolazione del recettore dell’insulina (migliora l’utilizzazione del glucosio e riduce a glicemia) e modulando il microbiota intestinale.
Nutraceutici e dismetabolismi correlati al peso (obesità, steatosi epatica, ipeuricemia)
Steatosi epatica e acido urico nei soggetti in sovrappeso o obesi sono da qualche anno entrati nel mirino degli esperti per l’impatto che possono avere sulla prognosi. Il 25 per cento degli adulti (ma la frequenza è doppia tra i soggetti obesi o diabetici) è affetto da steatosi epatica (o Nafld, Non-alcoholic fatty liver disease); questa condizione in un caso su 3 può evolvere in Nash (Non-alcoholic steato-hepatitis) che a sua volta può portare alla fibrosi e alla cirrosi epatica. I soggetti con Nafld hanno un rischio di morte superiore a quello della popolazione generale, soprattutto per cause cardiovascolari. Le alterazioni del metabolismo dell’acido urico, dal canto loro rappresentano un potenziale link tra peso in eccesso, Nafld e malattie cardiovascolari; l’iperuricemia è coinvolta nella patogenesi di varie patologie: dall’insulino-resistenza al diabete mellito, dalla steatosi epatica, all’ipertensione arteriosa, dalle patologie cardio e cerebro-vascolari, all’insufficienza renale. Oltre alle modifiche dello stile di vita, alcuni nutraceutici potrebbero avere un ruolo nel trattamento di steatosi epatica e dismetabolismo dell’acido urico e rappresentano dunque un valido complemento terapeutico vista la loro azione favorevole sulle alterazioni metaboliche e della loro efficace nel migliorare la salute cardiovascolare.
Steatosi epatica. La silimarina, una miscela di antiossidanti (flavo lignine e flavonoidi) estratte dal cardo mariano migliora la sensibilità all’insulina e ha un effetto protettivo sul fegato, grazie ai suoi effetti antiossidanti, antinfiammatorio, antiapoptotici, antifibrotici. Un effetto di protezione sul fegato è stato suggerito dagli studi preclinici per l’astaxantina, un potente antiossidantedi origine marina, per il coenzima Q10 e per la vitamina E.
Nei soggetti con Nafld è spesso presente un deficit di vitamina D; la sua supplementazione potrebbe dunque avere un ruolo in questi pazienti. Gli acidi grassi polinsaturi omega-3 (Epa e Dha), grazie all’azione anti-trigliceridi e antinfiammatoria, potrebbero avere un’influenza favorevole sulla Nafld. Anche la berberina, grazie ai suoi effetti ipocolesterolemizzanti e insulino-sensibilizzanti, potrebbe avere un ruolo in questi pazienti, come anche la curcumina (estratto dalla Curcuma longa) e il resveratrolo. Promettenti sono anche alcuni studi di supplementazione di probiotici (L. bulgaris e S. Thermophilus). L’uso di questi nutraceutici, associato ad opportune misure di correzione degli stili di vita, potrebbe dunque essere considerato nei soggetti con steatosi epatica.
Iperuricemia. La vitamina C riduce i livelli circolanti di acido urico, proteggendo dal danno cellulare da stress ossidativo e riducendo la produzione di acido urico. Anche alcuni prodotti imidazolici (L-istidina, carnosina, anserina) presenti nel’estratto di tonno sono in grado di ridurre i livelli di acido urico nei soggetti con iperuricemia, non gottosi. Le associazioni di riso rosso fermentato, fitosteroli e L-tirosolo, oltre a migliorare il profilo lipidico, possono contribuire a ridurre i livelli di acido urico nei soggetti che non rispondono alla sola dieta. La combinazione fissa di campferolo (estratto dalle foglie di Ginkgo biloba), baicalina (estratto di radice di Scutellaria), rutina, acido clorogenico e caffeina, nello studio Piconz-Ua ha ridotto in maniera significativa i livelli di acido urico nell’arco di 2 mesi.
Nutraceutici, sport e metabolismo muscolare
Alcuni nutraceutici migliorano il metabolismo muscolare, riducono il danno da accumulo di radicali liberi dell’ossigeno e prevengono i danni osteo-articolari. Polifenoli, resveratrolo e carotenoidi, dotati di proprietà antiossidanti prevengono il danno muscolare da stress meccanico, antagonizzando la cascata infiammatoria. Glucosamina e condroitina solfato migliorano la funzionalità articolare, ne migliorano l’elasticità e accelerano i processi riparativi. Il cioccolato fondente può avere effetti positivi anche nelle prestazioni sportive, si associa ad una riduzione dei marcatori di stress ossidativo e ad un aumento della mobilizzazione degli acidi grassi liberi, dopo l’esercizio. Riduce inoltre il rischio cardiovascolare e migliora i benefici di un esercizio fisco di intensità moderata in soggetti a rischio.
L’assunzione di caffè migliora le prestazioni negli esercizi di resistenza prolungata. La betaina (o trimetilglicina) contenuta nella barbabietola da zucchero (ma anche in broccoli, spinaci, cereali e frutti di mare) è un agente metilante (cede gruppi metile, -CH3) a varie sostanze. Utilizzata nel trattamento dell’omocistinuria e dell’iperomocisteineima, condizioni associate ad un aumentato rischio cardiovascolare. La betaina, aggiunta ad una bevanda sportiva, aumenterebbe le prestazioni atletiche e, nei soggetti che fanno esercizio fisico, ridurrebbe il tessuto adiposo a vantaggio della massa magra. Dosi eccessivi possono tuttavia determinare disturbi gastro-intestinali. Il ginseng, ricco di saponine (steroidi che e triterpeniche), aumenta in modo aspecifico resistenza, capacità e difese dell’organismo, stimolandolo a reagire a condizioni di stress. In ambito sportivo ridurrebbe la fatica e migliorerebbe la prestazione fisica. Il ginseng ha inoltre un effetto positivo sulla capacità di lavoro mentale e sul sistema cardiocircolatorio (inducendo la produzione di ossido nitrico nell’endotelio). A livello del sistema immunitario, riduce la produzione di citochine pro-infiammatorie e migliora i sintomi degli stati infiammatori.
Nutraceutici e post-menopausa
La menopausa è caratterizzata da un crollo dei livelli di estrogeni e questo a sua volta si traduce in una serie di sintomi vasomotori (vampate di calore, sudorazioni), dolori articolari e secchezza vaginale. Nel corso del tempo, la carenza di estrogeni avrà conseguenze anche a livello dell’osso (osteoporosi) e aumenterà il rischio di malattie cardiovascolari. In alternativa alla terapia sostitutiva ormonale (con estrogeni e progestinici), per contrastare sintomi ed effetti a lungo termine della menopausa sono stati suggeriti una serie di nutraceutici. Tra questi soprattutto i fitoestrogeni e gli estratti della Cimicifuga racemosa.
I fitoestrogeni sono composti di derivazione vegetale con attività simile a quella degli estrogeni, ma con potenza nettamente inferiore a quella dell’estradiolo. Ne esistono tre classi principali: isoflavoni, cumestani e lignani. Gli isoflavoni della soia contengono 12 diverse isoforme divise in 4 classi chimiche: agliconi, glucosidi, acetilglucosidi, malonilglucosidi. Il composto che tra tutti questi maggiormente contrasta gli effetti vasomotori della menopausa è la genisteina; questa sostanza, associata ad estratto Angelica sinensis e di Morusalba con aggiunta di magnesio e di un probiotico riduce i sintomi della menopause e migliora il profilo di rischio cardiovascolare.
La Cimicifuga racemosa (genere delle ranuncolacee) e gli estratti da essa ricavati (isopropanolico- iCRe etanolico) riduce i sintomi vasomotori della menopausa, interferendo con i neurotrasmettitori implicati nella genesi delle ‘vampate’. Non ha attività estrogenica. L’Ema suggerisce una supplementazione quotidiana di 40 mg al giorno di iCR.
Nutraceutici e cervello
L’utilizzo di sostanze psicoattive per migliorare le prestazioni intellettuali sul lavoro e nello studio è molto diffuso. Tra i nutraceutici e gli integratori, proposti come stimolatori intellettuali si trovano i polivitaminici (soprattutto del gruppo B), la fosfatidilserina e l’acido glutammico, anche in combinazione tra loro. Non sono tuttavia disponibili evidenze scientifiche che dimostrino l’attività di questi prodotti su funzioni cognitive, capacità mnemoniche e prestazioni scolastiche. Assai limitate sono anche le evidenze scientifiche sull’utilizzo di nutraceutici in prevenzione cerebrovascolare; i loro target sono quelli classici del controllo dei fattori di rischio tradizionali (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia). Derivati del riso rosso fermentato (contenenti monacolina K), consumo di cereali ricchi di fibre, acidi grassi omega-3, tè nero e verde potrebbero avere una potenziale efficacia in prevenzione cerebro e cardio-vascolare. Anche per i deficit cognitivi dell’anziano e le patologie neurodegenerative sono stati proposti alcuni nutraceutici. Le evidenze scientifiche circa il ruolo di vitamine del gruppo B, vitamina E e vitamina C non sono significative. Lo stesso dicasi per gli acidi grassi omega-3 e per i flavonoli.