Prof. Di Daniele, da quali considerazioni è nata l’idea della vostra analisi?
La prevalenza dell’ipertensione arteriosa è in crescita esponenziale in tutti i paesi del mondo. Le stime derivate dai più importanti studi epidemiologici, indicano che nel 2025 circa il 30% della popolazione adulta mondiale sarà affetta da questa patologia cronica. Si tratta di uno dei principali fattori di rischio per le patologie cardiovascolari ed è definita come un killer silente, in quanto attraverso un danno d’organo multisistemico, principalmente a livello del cuore, del cervello, della retina, dei reni e dei vasi, crea le basi per un evento acuto vascolare, come un infarto del miocardio o un ictus cerebrale. Di conseguenza, una corretta prevenzione e una corretta terapia sono fondamentali per proteggere il paziente dalle complicanze generate. Da tempo è noto come una dieta iposodica e povera di grassi saturi sia in grado di avere un effetto benefico nel ridurre i valori di pressione arteriosa. Tuttavia, recentemente, nuove evidenze hanno suggerito come la restrizione calorica possa avere un ruolo ancora maggior nel mantenimento dei livelli di pressione arteriosa sistolica e diastolica. Da queste considerazioni nasce l’idea della nostra ricerca, che si propone di verificare l’efficacia della restrizione calorica come strategia di prevenzione e terapeutica nei confronti della ipertensione arteriosa.
Con dieta a restrizione calorica cosa intendete?
Si intende una riduzione giornaliera di assunzione di calorie senza incorrere in malnutrizione e senza escludere nessun nutriente. Anche se ancora non standardizzata, generalmente per restrizione calorica si intende un regime alimentare al di sotto delle 1.800 Kcal giornaliere per un periodo definito di tempo. Numerosi studi scientifici hanno largamente dimostrato l’effetto benefico di questa strategia alimentare nei confronti di numerose patologie. Questo, specialmente, grazie alla capacità della restrizione calorica di ridurre i livelli di infiammazione e di stress ossidativo nell’organismo, anche con benefici in termini di longevità. Infatti, secondo la Caloric restriction society, i soggetti che seguono un regime di restrizione calorica hanno un’aspettativa di vita media molto superiore alla norma. I mediatori principali alla base della associazione tra allungamento della vita e restrizione calorica sono stati dimostrati essere le sirtuine, proteine enzimatiche capaci di svolgere diverse funzioni all’interno della cellula, specialmente di regolarne il metabolismo mitocondriale e la trascrizione genica di fattori fondamentali per la loro sopravvivenza. Di conseguenza, la restrizione calorica può essere considerata una vera e propria opzione terapeutica.
Che cosa è emerso dalla vostra review in merito agli effetti su ipertensione e danno d’organo?
Vi è sicuramente un impatto significativo della restrizione calorica sulla riduzione dei livelli di pressione arteriosa sistolica e diastolica e quindi, di conseguenza, sul danno d’organo correlato. Le cause che abbiamo rilevato essere sottostanti questa positiva associazione sono molteplici. Sicuramente una riduzione cronica dell’assunzione di sale, che è saputo essere fondamentale nella ritenzione di liquidi alla base dell’incremento della pressione arteriosa. Poi, un decremento costante del peso corporeo associato al miglioramento di tutti gli indici ad esso correlati, come la riduzione della circonferenza vita, del body mass index, della massa grassa, a cui poi, corrisponde una diminuzione della secrezione degli ormoni da parte del grasso, che regolano negativamente la pressione arteriosa, come la leptina. Oltretutto, come ulteriormente dimostrato da altri studi scientifici, la riduzione di tutti questi parametri contribuisce ad una ulteriore riduzione di fattori che sono alla base del danno d’organo, come i livelli di lipidi e di glucosio circolanti nel sangue, di produzione di radicali liberi dell’ossigeno e di citochine pro-infiammatorie, permettendo invece l’incremento di fattori protettivi, come l’attivazione della sirtuina-1, dell’ossido nitrico e di antiossidanti come il Sod e il glutadione reduttasi. Di conseguenza, possiamo dire che la restrizione calorica agisce in un continuum di azione benefica, prima attraverso una riduzione dei valori di pressione arteriosa e successivamente e concomitantemente sul danno d’organo, migliorando, per esempio, l’ipertrofia cardiaca, i livelli di creatinina e azotemia a livello renale, la microcircolazione sanguigna oculare e riducendo la rigidità arteriosa.
Oltre alla restrizione calorica, avete preso in esame altri approcci dietetici utili nel trattamento dell’ipertensione?
Nel nostro studio abbiamo preso in considerazione il digiuno intermittente. Questa tipologia di dieta consiste in una normale assunzione calorica che avviene in una precisa finestra di tempo, alternata da periodi di digiuno che possono essere variabili. Gli scenari più utilizzati in genere sono due, quello che prevede un tempo ristretto di alimentazione, come per esempio 16/8, 18/6, 20/4, dove gli indicatori indicano le ore di digiuno e i denominatori la finestra nutrizionale, e quello che alterna 24 ore di digiuno a 24 ore di alimentazione normale, combinate per esempio in diversi moduli, 4/3 o 5/2, dove a 4 o 5 giorni di normale introito calorico si alterano poi 3 o 2 giorni di digiuno. Il digiuno intermittente ha dimostrato di avere un grande effetto antinfiammatorio ed essere in grado di regolare significativamente il ritmo circadiano. I soggetti sottoposti a digiuno intermittente hanno dimostrato una riduzione importante della pressione arteriosa sistolica e diastolica grazie a un minore introito di sodio e a un aumento dell’attività parasimpatica. Questi dati ci permettono di affermare come questo tipo di dieta possa essere utilizzato come terapia, specialmente nelle ipertensioni arteriose secondarie e come, la possibilità di variare la prescrizione della dieta nelle sue diverse varianti, ci permetta di personalizzare questo tipo di dieta adattandola alle diverse esigenze terapeutiche del paziente, proprio come le migliori terapie farmacologiche.
Quali raccomandazioni possiamo, infine, suggerire?
Sicuramente di prendere in seria considerazione questi approcci dietetici come strategia terapeutica innovativa per tutti i pazienti ipertesi, specialmente quelli sovrappeso e obesi, con sindrome metabolica, quelli refrattari alla terapia, anche combinata, e quelli con ipertensione secondaria, dove un corretto approccio nutrizionale si è dimostrato efficace nel ridurre i valori pressori, anche dopo un breve periodo di tempo. Il corretto utilizzo di questi nuovi approcci dietetici permette, oltre che un buon controllo della pressione arteriosa, un miglioramento della funzione endoteliale vascolare, dei parametri metabolici e di quelli infiammatori, i quali a loro volta, permettono una prevenzione del danno d’organo e del rischio cardiovascolare mediato dall’ipertensione arteriosa stessa. Trial clinici randomizzati su ampie popolazioni di studio saranno fondamentali, per chiarire definitivamente il ruolo della restrizione calorica nell’ipertensione arteriosa e nel rischio cardiovascolare. Attualmente, ci sono pochi studi sugli effetti della dieta a restrizione calorica a lungo termine e sarebbe consigliabile eseguire studi osservazionali con follow-up più lungo.
Nicola Miglino