Ne parliamo con due autori dello studio, Donato Angelino, ricercatore presso la facoltà di Bioscienze e tecnologie agro-alimentari e ambientali dell’Università di Teramo e Daniela Martini, ricercatrice presso il dipartimento di Scienze per gli alimenti, la nutrizione, l'ambiente dell’Università degli Studi di Milano, e coordinatrice del progetto Flip.
Dr. Angelino, quali sono state le premesse dello studio?
Il prodotto venduto sullo scaffale presenta su tutti i lati del pack numerose informazioni. Molte di queste sono finemente regolate con normative europee, primo fra tutti il Regolamento n.1169/2011, che definisce quelle obbligatorie tra cui la denominazione di vendita e la dichiarazione nutrizionale. Tuttavia, ce ne sono numerose altre non obbligatorie ma che, se poste sulla confezione, devono anch’esse seguire specifiche direttive. Tra queste, sono molto diffuse le indicazioni nutrizionali o claim nutrizionali, ovvero quelle frasi che sul pack affermino o suggeriscano che un alimento abbia particolari proprietà benefiche sull’organismo sulla base di una peculiarità intrinseca dell’alimento legata alla quantità di energia o nutrienti.
Ci può fare qualche esempio?
I prodotti “light”, quelli senza grassi o zuccheri o quelli che utilizzano il termine “fonte di…” o “ricco di…” riferito a vitamine o minerali, e così via. Le informazioni aggiuntive a quelle obbligatorie non sono evidenziate solo per una caratterizzazione del prodotto, ma si rivelano spesso utili al consumatore durante la scelta di un determinato prodotto al momento dell’acquisto. Tuttavia, numerosi studi affermano che queste indicazioni nutrizionali potrebbero essere responsabili del cosiddetto effetto alone, ossia quel fenomeno che porta a sovrastimare la qualità complessiva di un prodotto sulla base di un singolo parametro che giudichiamo positivo, tra cui appunto la presenza di un claim. Abbiamo quindi cercato di contestualizzare questo possibile effetto considerando la categoria dei cereali da colazione e confrontando la qualità nutrizionale dei vari prodotti con e senza claim nutrizionali legati alla fibra, molto diffusi in questa categoria di prodotti. Dopodiché, abbiamo verificato se la presenza di claim nutrizionali fosse davvero indice di una qualità nutrizionale migliore rispetto ai prodotti che non vantavano alcuna indicazione.
Che tipo di studio avete condotto?
Considerando l’obiettivo descritto precedentemente, sono stati confrontati i valori nutrizionali dichiarati in etichetta dei cereali da colazione, con e senza le due possibili tipologie di claim nutrizionali relativi alle fibre: “fonte di fibre”, per i prodotti con almeno 3 g di fibra per 100 g di prodotto e “ricco in fibre” o “ad alto contenuto di fibra” per i prodotti con almeno 6 g di fibra per 100 g di prodotto. Questi articoli sono stati selezionati tra quelli attualmente venduti nei siti web di 13 catene della grande distribuzione organizzata presenti sul mercato italiano.
D.ssa Martini, quali sono stati i principali risultati?
Il primo risultato interessante è stato sicuramente relativo al numero di prodotti individuati. Sono stati infatti valutati i dati di 376 diverse referenze di cereali per la colazione, tra i quali barrette, muesli, fiocchi, e cereali a base crusca. Tra questi, ben 73 presentavano l’indicazione "fonte di fibre" e 109 "ad alto contenuto di fibre", quindi quasi la metà dei prodotti evidenziava in etichetta la presenza di elevato contenuto in fibra. Tuttavia, è stato anche osservato che numerosi prodotti, pur potendo vantare un claim relativo alla fibra, nella maggior parte dei casi quello “fonte di fibra”, hanno preferito non utilizzarlo sulla confezione. Per quanto riguarda invece l’analisi della dichiarazione nutrizionale, è stato ovviamente osservato un maggiore contenuto di fibre nei prodotti che presentavano un claim relativo alla fibra. Oltre a questo, però, i prodotti "ad alto contenuto di fibre" hanno mostrato un minore contenuto di carboidrati, zuccheri e sale, un maggiore contenuto di proteine, ma anche di grassi totali rispetto agli articoli "fonte di fibre" e ai prodotti senza queste indicazioni. Nel complesso, è stata osservata un'elevata variabilità nei valori nutrizionali anche tra prodotti che presentavano lo stesso tipo di claim relativa alle fibre, dovuto alla differente formulazione del prodotto e all’utilizzo di diversi ingredienti in aggiunta ai cereali.
Quali sono quindi le conclusioni e quali gli step futuri?
I risultati hanno chiaramente mostrato che i claim nutrizionali relativi alle fibre non devono essere considerati come un indicatore di una migliore composizione nutrizionale tout court dei cereali da colazione. Questo principalmente a causa dell'elevata variabilità dei valori nutrizionali, evidenziata anche tra prodotti che presentavano lo stesso tipo di claim. Secondariamente, la presenza di una maggior quantità di fibra, che in questo caso è un composto con effetti benefici sul nostro organismo, non è affatto un indicatore di minori quantitativi di altri nutrienti al quale il consumatore presta spesso attenzione, come il contenuto in grassi. Questo aspetto, che per certi versi può sembrare scontato, conferma e supporta l’importanza di leggere attentamente tutte le informazioni nutrizionali riportate nell'etichettatura degli alimenti anche al fine di limitare l’effetto alone. Nonostante uno dei punti di forza dello studio risieda sicuramente nell’elevato numero di prodotti considerati, questi risultati si riferiscono a una singola categoria di prodotti e a un claim nutrizionale ben specifico, per cui queste conclusioni non possono essere estese anche ad altri prodotti e altri claim nutrizionali. Proprio per questo motivo è essenziale produrre nuovi studi, attingendo dal database del progetto Fflip o organizzando nuove indagini, per rafforzare il concetto che la scelta del prodotto debba essere effettuata considerando tutte le informazioni presenti sul pack al fine di compiere scelte consapevoli e possibilmente salutari.
Nicola Miglino