Cibi ultraprocessati: a rischio la salute gastrointestinale

16 Settembre 2024

Gli alimenti ultra-processati (Upf) sono sempre più consumati in tutto il mondo, anche in regioni con forti tradizioni alimentari come quelle del Mediterraneo. I dati mostrano una correlazione sempre più evidente con l’insorgenza di malattie croniche, tra cui il cancro. Un recente studio, condotto su un campione di popolazione dell'Italia meridionale e pubblicato su Nutrients, ne offre un’ulteriore conferma. A parlarcene, Angelo Campanella, Istituto nazionale di Gastroenterologia, Irccs “Saverio de Bellis”, Castellana Grotte (Ba), prima firma del lavoro.

Dr. Campanella, da quali premesse nasce l’idea del vostro lavoro?

C'è un aumento preoccupante del consumo di cibi ultraprocessati, nello specifico prodotti alimentari e bevande che hanno subito diversi gradi di trasformazione o aggiunta di additivi. Sono alimenti progettati per essere convenienti, facili da consumare, iperpalatabili e, quindi, attraenti per i consumatori. Anche in Puglia, in una regione con una tradizione storica per la dieta mediterranea, abbiamo osservato un trend di consumo in costante aumento soprattutto tra i più giovani. L'idea del lavoro nasce dalla necessità di approfondire l'impatto del consumo di cibo ultra-processato sulla salute e ottenere una comprensione più ampia dell’argomento per dire la nostra su un tema così dibattuto a livello scientifico.

Che tipo di studio avete condotto?

Abbiamo condotto uno studio di popolazione combinando i dati raccolti dalle coorti Micol e Nutrihep.  Dei 4870 partecipanti provenienti da Castellana Grotte e Putignano, nella provincia di Bari, conoscevamo le abitudini alimentari e le cause di morte dal 2006 al 2022. Per valutare il consumo di Upf, abbiamo utilizzato la classificazione Nova, un sistema che ordina gli alimenti in base all’intensità della trasformazione a cui essi sono stati sottoposti. Si articola in 4 livelli, dai cibi naturali e non trasformati agli alimenti ultraprocessati. Quindi, in base al consumo giornaliero, abbiamo raggruppato in quartili. 

Quali evidenze sono emerse dall’analisi dei dati?

Abbiamo osservato un'associazione significativa tra il consumo di cibo ultraprocessato e un aumento della mortalità per tutte le cause, in particolare per tumori gastrointestinali. Questo risultato non era precedentemente noto con tale chiarezza. Abbiamo osservato che, consumando più di 240g di cibi ultraprocessati al giorno, il rischio di morire per cancro gastrointestinale aumenta di tre volte e mezzo. 

Quali i limiti dello studio?

Con uno studio osservazionale come il nostro non è possibile affermare con certezza che il consumo di ultraprocessati causi direttamente un aumento della mortalità. La correlazione osservata suggerisce un'associazione forte, ma ulteriori studi di intervento sono necessari per confermare un rapporto di causalità diretta. Un'altra limitazione riguarda un problema di comparabilità con altri studi: purtroppo non esistono ancora livelli di riferimento dei consumi di Upf, quindi la nostra scelta di dividere in quartili potrebbe risultare azzardata. Tuttavia, riteniamo che i livelli di soglia individuati nel nostro studio possano entrare pienamente in una discussione per identificare dei valori di riferimento nazionali e internazionali.

Quali conclusioni se ne possono trarre?

Il nostro studio fornisce ulteriori prove sul legame tra alimenti ultra processati e rischio di cancro, in particolare tumori gastrointestinali, sottolineando la necessità di interventi mirati per migliorare la dieta e lo stile di vita. Sono necessarie ulteriori ricerche per confermare e studiare queste associazioni, nonché per identificare strategie preventive efficaci per promuovere la conservazione dei tradizionali modelli dietetici mediterranei. Nel frattempo, suggeriamo di favorire il consumo di alimenti freschi, non trasformati o minimamente trasformati che dovrebbero costituire la pietra miliare della nutrizione umana.

Nicola Miglino

 

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