Malattie neurodegenerative, Barichella: “Alimentazione e integrazione validi supporti”. Ecco come

04 Aprile 2019

Con l'invecchiamento della popolazione, dovuto a un aumento dell'età media di sopravvivenza, l'incidenza e la prevalenza di Alzheimer, Parkinson e Sla, rivestono un'importanza sociale sempre maggiore. La nutrizione e l’integrazione possono sicuramente aiutare

nella prevenzione e nell’andamento della malattia, così come ci conferma Michela Barichella, responsabile dell’Uos dietetica e nutrizione clinica Asst, G. Pini, Cto, Milano e presidente di Brain and Maltunitrion, l’Associazione che a Milano terrà, i prossimi 9 e 10 maggio, il proprio congresso scientifico.

D.ssa Barichella, partiamo dall’Alzhemeir: che consigli dare sul fronte nutrizionale?

Nella malattia di Alzheimer, alcune carenze nutrizionali sembrano intervenire come fattori di rischio. In particolare, bassi valori di folati, vitamine B6 e B12, vitamina D, antiossidanti e acidi grassi omega3. Allo stesso modo agirebbero l’ipercolesterolemia, l’iperomocisteinemia e un eccessivo introito di acidi grassi saturi. E’ importante quindi conoscere e consigliare accorgimenti dietetici e integratori specifici per ovviare a tali deficit.

Sclerosi laterale amiotrofica: quali sono le difficoltà di alimentazione del paziente?

La Sla è caratterizzata da rigidità muscolare, con graduale perdita di trofismo e forza. Oltre a una predisposizione genetica, vi sono alcuni possibili fattori di rischio per lo sviluppo della patologia, in particolare l’esposizione ad agenti tossici e a metalli pesanti, nonché un eccessivo consumo di glutammato. Tra le complicanze, la disfagia, può determinare una diminuzione degli apporti calorici e l’insorgenza di una malnutrizione calorico-proteica. Importante quindi in questi pazienti prestare sempre attenzione ad eventuali modifiche della capacità di deglutizione e a eventuali variazioni di peso repentine. Altro aspetto da considerare in questa patologia è la possibilità di consigliare ai pazienti l’introduzione di una dieta chetogenica, che sembrerebbe apportare benefici effetti alla funzionalità mitocondriale.

Infine il Parkinson: che tipo di dieta impostare?

Si tratta di una patologia neurodegenerativa risultante dalla progressiva degenerazione delle cellule dopaminergiche mesencefaliche della substantia nigra per accumulo anomalo dell’alfa-sinucleina. In questi pazienti è utile impostare una dieta ipoproteica a pranzo, cioè con ridistribuzione dell’apporto proteico soprattutto nel pasto serale; questo permette un migliore assorbimento del farmaco cardine della farmacoterapia di questa patologia, cioè la levodopa. La levodopa è un aminoacido neutro, scoperto da molti anni nei legumi. Inoltre, i sintomi gastrointestinale del Parkinson, quali disfagia, scialorrea e stipsi, devono essere prontamente riconosciuti e trattati, poiché determinano un rischio maggiore di malnutrizione. Per la stipsi è importante verificare che il paziente apporti sempre un’adeguata quantità di fibre e acqua.

 

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