Prof. Foresta, qual è la percentuale di maschi infertili in Italia?
L'infertilità è una condizione patologica definita come l'incapacità di una coppia sessualmente attiva di ottenere una gravidanza in un anno di rapporti non protetti. È stato riportato che circa il 10-15% di tutte le coppie presentino una ridotta capacità di procreare naturalmente e si stima che circa il 10 % dei maschi in età riproduttiva sia ipofertile, laddove è verosimile che in un caso su due la difficoltà ad ottenere una gravidanza naturale sia riconducibile a disordini riproduttivi maschili.
Quali sono i fattori di rischio?
Sono molteplici: infezioni delle vie uro-genitali, criptorchidismo, ipogonadismo ipogonadotropo, varicocele, cause iatrogene, traumi testicolari, cause genetiche, anticorpi anti-spermatozoo, disfunzione erettile e/o calo del desiderio, esposizione a inquinanti ambientali, disordini metabolici, stili di vita errati, per citarne alcuni. Rimane, purtroppo, circa un 30% di casi in cui la causa della ridotta capacità riproduttiva rimane ignota, quindi non è possibile adottare un trattamento eziologico mirato alla risoluzione del problema.
Quali sono i trattamenti oggi disponibili?
Quando si è identificata la causa organica dell’infertilità si valuta l’opzione migliore per rimuovere o correggere il fattore di rischio a monte del quadro clinico. Alcuni esempi possono essere: trattamento dell’ipogonadismo, trattamento delle ostruzioni delle vie seminali, rimozione del varicocele, trattamento di eventuali infezioni a carico dell’apparato riproduttivo, cura delle malattie sessualmente trasmesse e, quando possibile, riduzione della esposizione ad agenti chimici e inquinanti ambientali.
Cosa fare se non si riesce a individuare una causa specifica?
Nel caso di un’infertilità idiopatica, l’approccio terapeutico deve essere per forza mirato all’alterazione seminale. Dopo aver escluso tutte le cause organiche note attraverso una attenta valutazione anamnestica, il clinico deve valutare le condizioni generali del paziente al fine di approfondire le abitudini e gli stili di vita dell’individuo nell’ottica di identificare comportamenti in grado di alterare la qualità del liquido seminale.
Ha un ruolo l’alimentazione?
Sarebbe sempre auspicabile condurre un’attenta valutazione dello stato di nutrizione dato che è ormai consolidato che sedentarietà, sovrappeso, obesità, la sindrome metabolica e la cattiva alimentazione sono importanti fattori di rischio che, a vario titolo, riducono la probabilità di concepimento in entrambi i sessi, ma soprattutto nel maschio. Pertanto, a fronte di tali indagini si possono correggere eventuali condizioni morbose del paziente attraverso una dietoterapia mirata, consigli sullo stile di vita e, in casi specifici, attraverso l’impiego di integratori.
Qual è il criterio di utilizzo oggi, in quest’ambito, per gli integratori?
Gli integratori alimentari vengono consigliati dagli specialisti di settore in modo empirico, non essendo disponibili linee guida o regolamenti per il corretto utilizzo di questi prodotti. Le evidenze scientifiche attualmente disponibili sono limitate e l'uso di antiossidanti viene solitamente suggerito in pazienti con infertilità idiopatica o in presenza di parametri anormali del liquido seminale.
Quali sono le attuali problematiche?
Diversi fattori rendono difficile individuare la formulazione più adatta oppure il principio attivo più appropriato per il singolo paziente. In particolare, è difficile identificare l’integratore più adatto, con la giusta composizione e le giuste dosi, in grado di risolvere il problema del paziente poiché ogni prodotto contiene molti ingredienti in diverse combinazioni e dosi. Pertanto, attualmente il trattamento con integratori alimentari finalizzato al miglioramento dei parametri seminali si basa sull’esperienza degli specialisti e tiene poco in considerazione il quadro clinico e seminale del paziente in esame.
Quali sono i criteri con cui avete cercato di fare luce su questo fronte con la vostra ricerca?
Abbiamo fatto una attenta rivalutazione della letteratura scientifica attualmente disponibile in relazione ai singoli principi attivi, sia nutrienti che estratti vegetali, che si sono dimostrati efficaci nel miglioramento dei parametri seminali e che si ritrovano comunemente nelle formulazioni degli integratori disponibili in commercio e registrati presso il ministero della Salute.
Che tipo di studi avete preso in esame per l’analisi?
Sono stati presi in considerazione esclusivamente studi randomizzati e controllati, review e, quando disponibili, studi meta-analitici per identificare le molecole con una riportata efficacia clinica e le loro dosi minime efficaci su conta spermatica, motilità, morfologia e frammentazione del Dna. Sono stati considerati elegibili i trial clinici che impiegavano al massimo il principio attivo di interesse più altre tre sostanze, al fine di minimizzare i possibili effetti confondenti di un mix eterogeneo di molecole.
Come avete proceduto per le diverse valutazioni?
Tenendo in considerazione la minima dose potenzialmente efficace di ogni principio attivo, abbiamo valutato gli integratori in merito alla dose giornaliera suggerita, al fine di valutare se la formulazione del supplemento garantiva un apporto minimo adeguato di una o più sostanze di interesse. Quindi, abbiamo creato tre categorie di evidenza in relazione ai singoli principi attivi: a) molecola con riportata efficacia clinica e presente nel supplemento in un’adeguata concentrazione; b) molecola con riportata efficacia clinica ma presente in dose insufficiente nella formulazione; c) molecola senza riportata efficacia.
Per dare una valutazione oggettiva alle formulazioni di ciascun integratore, è stata concepita una equazione in grado di pesare la sua potenziale efficacia sulla base dei seguenti criteri: numero totale di ingredienti, categoria degli ingredienti - a, b o c - e numero di ingredienti appartenenti a ogni categoria. Con questo criterio abbiamo ottenuto uno score per ciascun integratore che ne stabilisce l’efficacia attesa: alta, bassa o assente.
Quali sostanze avete esaminato?
Abbiamo individuato 18 principi attivi ciascuno dei quali con almeno un Rct che dimostrava un’efficacia statisticamente significativa nel miglioramento di almeno un parametro del liquido seminale. Le molecole di interesse sono molto eterogene tra loro. Ci sono nutrienti come lo zinco, il selenio, i folati, la vitamina B12, vitamine C ed E; aminoacidi come arginina, citrullina e carnitina; molecole ad attività antiossidante diretta come N-acetil-cisteina, inositolo, acido alfa lipoico, coenzima Q10 e licopene e, in ultimo il tribulus terrestris che è una pianta officinale. Si tratta di un grande numero di molecole chimicamente molto diverse e che a livello biochimico sottendono a meccanismi d’azione molto complessi e peculiari. Ognuna di queste ha una propria dose efficace anche con ordini di grandezza molto diversi le une rispetto alle altre.
Che risultati sono emersi?
Per quanto riguarda gli integratori, l’applicazione del nostro score di potenziale efficacia ha evidenziato come il 9,5% delle formulazioni cada nella classe più alta, il 71,4% nella classe media, e il restante 19,1% si colloca nella classe con efficacia assente.
Cosa dire delle formulazioni?
Almeno i 2/3 degli integratori attualmente disponibili sul mercato presentano formulazioni che potrebbero essere migliorate a fronte della letteratura scientifica di settore. Inoltre, le varie formulazioni spesso includono ingredienti efficaci ma anche un gran numero di sostanze a dose insufficiente o addirittura ingredienti senza efficacia clinica documentata. Infine, la nostra analisi ha messo in luce che alcuni nutraceutici contengono ingredienti a concentrazioni al limite superiore della dose tollerata. In questi casi, il trattamento potrebbe indurre addirittura un effetto negativo poiché il paziente potrebbe incorrere in effetti potenzialmente tossici. Pertanto, i nostri risultati suggeriscono che le aziende che producono integratori da un lato e i medici prescrittori dall’altro, dovrebbero considerare con maggiore attenzione i dati presenti in letteratura circa gli ingredienti e le loro dosi efficaci prima di formulare o prescrivere questi prodotti.
In conclusione, sulla base della vostra review che indicazioni cliniche si sente di suggerire rispetto all’impiego di integratori in caso di infertilità maschile?
Il primo obiettivo di qualsiasi trattamento dell’infertilità maschile è quello di identificare la causa che sottende all’alterazione dei parametri seminali. La nostra review ha messo in luce che alla fine di questo percorso clinico-diagnostico, alcune condizioni possono trarre significativo vantaggio dall’utilizzo di integratori che contengano specifici nutrienti a dosaggio adeguato. In particolare, alcune sostanze con proprietà antiossidanti, come licopene, astaxantina, coenzima Q, N-acetil-cisteina e inositolo, sono indicate nel trattamento dell'infiammazione delle ghiandole accessorie maschili, causate da agenti microbici e non. Diversi studi condotti su pazienti infertili astenozoospermici, hanno dimostrato un effetto positivo in seguito alla supplementazione di selenio, dato che il nutriente incrementa l’attività degli enzimi antiossidanti selenio-dipendenti importanti durante la spermatogenesi e la formazione della capsula mitocondriale nel tratto intermedio degli spermatozoi. Anche l'integrazione con carnitina si è dimostrata efficacie nell’indurre un aumento significativo della motilità degli spermatozoi nei casi di astenozoospermia con funzionalità mitocondriale conservata. Infine, lo zinco è implicato nei processi di compattazione del Dna e la somministrazione di questo micronutriente ha evidenziato un significativo miglioramento della morfologia spermatica, e dell’integrità del Dna, risultando particolarmente utile in pazienti affetti da esiti di flogosi prostatica.
Nicola Miglino