Identificato un meccanismo cellulare che potrebbe spiegare l’effetto antitumorale degli Omega-3, in particolare dell’Acido docosaesaenoico (Dha). Al momento si tratta di studi di laboratorio e su modello animale, ma per la prima volta si è compreso come il Dha interagisca con il metabolismo della cellula tumorale inducendola a una sorta di vero e proprio suicidio attraverso una particolare forma di apoptosi.

È un piccolo crostaceo dell'Oceano Antartico che svolge un ruolo chiave nell'ecosistema marino, fungendo da nutrimento per la maggior parte dei pesci. Parliamo del Krill, o Euphausia superba, in questi ultimi anni finito sotto la lente di ingrandimento dei ricercatori per un suo possibile utilizzo come integratore nutrizionale, sottoforma di olio ad alta concentrazione di Epa (Acido eicosapentaenoico) e Dha (Acido docosaesaenoico).

L’assunzione di Dha (acido docosaesaenoico) ad alte dosi nella seconda parte della gravidanza è in grado di ridurre il tasso di parti pretermine e prevenirne i pericoli correlati. Sono i risultati di uno studio condotto da clinici dell’University of Kansas medical center, finanziato dai National institutes of health e pubblicato nei giorni scorsi su EClinicalMedicine.

Secondo una nuova ricerca pubblicata su Nature communications, persone con livelli ematici più alti di Epa (Acido eicosapentaenoico) e Dha (Acido docosaexaenoico), godono di prospettive di vita migliori rispetto a coloro a chi ne è carente.

Per valutare il legame tra Omega-3 e mortalità, i ricercatori del Fatty acids and outcomes research consortium (Force), un gruppo internazionale di scienziati che da anni focalizza i propri studi sulla correlazione tra acidi grassi e salute, hanno effettuato un’analisi prospettica dei dati di 17 studi, per un totale di 42.466 persone coinvolte, seguite in media per 16 anni durante i quali si sono verificati 15.720 decessi.

Esaminando i dati è emerso che tra quanti appartenevano alla fascia del 90° percentile per livelli di Epa e Dha (valutati attraverso l’Omega-3 index che calcola la quantità di Epa e Dha sul totale degli acidi grassi presenti nelle membrane dei globuli rossi), il rischio di morte per qualsiasi causa era del 13% inferiore rispetto a quelli con valori al 10° percentile. Nello specifico, la mortalità per cause cardiovascolari, cancro o complessiva era inferiore, rispettivamente, del 15, 11 e 13% nel gruppo a più alto tasso ematico di Epa e Dha. Nessuna correlazione, invece per acido linolenico e acidi grassi a 18 atomi di carbonio.

Ricordiamo che un Omega-3 index inferiore al 4% indica una forte probabilità per un individuo di essere colpito da cardiopatia; per valori compresi 4 e 8% il pericolo è moderato mentre sopra l’8% la situazione è di basso rischio. Nello studio in esame, il range dell’Omega-3 index variava dal 3,5% al 10° percentile sino al 7.5% al 90°.

"Dal momento che i nostri risultati sono stati corretti statisticamente per eliminare eventuali fattori confondenti, quali, tra gli altri, età, sesso, peso, fumo, diabete, pressione sanguigna, oltre ai livelli ematici di acidi grassi omega-6, riteniamo che questi siano i dati più solidi oggi disponibili sull’efficacia preventiva a lungo termine di buoni livelli ematici di Omega-3”, sottolinea Bill Harris, fondatore del Fatty acid research institute, la Fondazione che ha guidato la ricerca.

Harris è lo scienziato che, 17 anni fa, ha contribuito all’elaborazione dell’Omega-3 index: il calcolo della quantità di Omega-3 presente nelle membrane dei globuli rossi offre una stima accurata della loro assunzione negli ultimi 4-6 mesi.

"Buoni livelli circolanti di Omega-3 a lunga catena possono influire su diversi sistemi cellulari in grado di contribuire a una riduzione del rischio di mortalità”, conclude Tom Brenna, docente di Nutrizione umana e chimica, alla Dell medical school dell'Università del Texas ad Austin. “Tra gli effetti promossi, quelli antinfiammatori, antidislipidemici, antipertensivi e antipiastrinici, insieme a un’azione positiva su adipociti e funzione endoteliale. La nostra review indica che gli Omega-3 a lunga catena quali Epa e Dha, solitamente ottenuti da fonti marine, sono fortemente correlati alla mortalità per tutte le cause, mentre gli Omega-3 derivanti da fonti vegetali, come l'acido alfa-linolenico, lo sono meno".

Nicola Miglino

 

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