Nutraceutici e marker di rischio vascolare: primo position paper internazionale

15 Luglio 2021

Con l’obiettivo di fornire raccomandazioni basate sull’evidenza rispetto all'efficacia antinfiammatoria dei nutraceutici per la profilassi del rischio cardiovascolare, l’International lipid expert panel ha pubblicato nei giorni scorsi su Progress in cardiovascular diseases una review della letteratura che si configura come il primo position paper sull’argomento a disposizione di clinici e ricercatori. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Ruscica, docente di Patologia generale all’Università degli Studi di Milano, e prima firma del lavoro.

Prof. Ruscica, da quali premesse scaturisce la vostra analisi?

Quella che abbiamo condotto non è una “ricerca" originale, bensì si tratta di una valutazione di molti dati in letteratura riguardanti l’impatto dei nutraceutici su biomarcatori plasmatici di infiammazione. In particolare. ci siamo focalizzati su quei parametri correlati al rischio cardiovascolare come, per esempio, i livelli di proteina C-reattiva o interleuchina 6 che identificano i pazienti con un più alto rischio. Infatti, se da un lato l’attività ipocolesterolemizzante di alcuni nutraceutici, quali il riso rosso fermentato, è assodata, l’impatto sull’infiammazione è ancora dibattuto, anche in mancanza di sufficienti studi clinici che ne confermino l’efficacia. Questo studio tratta quindi dell'elencazione critica di diversi nutraceutici che possono essere attivi in queste condizioni. Come ben indicato nel lavoro, i nutraceutici vanno da nutrienti isolati a supplementi e diete specifiche fino a prodotti erboristici, cibi geneticamente modificati e processati. Hanno raggiunto un importante ruolo in terapia e possono essere utilizzati in diverse condizioni patologiche con vantaggio per l’utente.

Quali criteri avete seguito per selezionare gli studi?

Come tutti gli studi a carattere di “revisione”, è stata esaminata la letteratura cercando di identificare nutraceutici associati al trattamento delle patologie cardiovascolari con in aggiunta un’attività sui parametri infiammatori correlati al rischio cardiovascolare, per esempio Crp, interleuchina-6, interleuchina 1 beta. Infatti, nell’ambito del rischio cardiovascolare rimane dibattuta la liaison tra la riduzione dei livelli di colesterolemia Ldl e la riduzione dei parametri infiammatori. È da ricordare che recenti trial clinici hanno dimostrato come la riduzione dell’infiammazione determini un beneficio in termini di rischio cardiovascolare, indipendentemente dalla riduzione della colesterolemia Ldl. In merito all’infiammazione, ogni nutraceutico può avere un diverso profilo. Si va da quelli che riducono l’assorbimento di prodotti potenzialmente infiammatori ad acidi grassi, Omega-tre, che generano  prostaglandine/resolvine ad attività antinfiammatoria, fino a tanti altri elementi della dieta che possono esercitare un effetto favorevole sull’infiammazione.

Ci può raccontare quali indicazioni avete tratto per ciascuna categoria nutraceutica

In questo position paper del gruppo di lavoro Ilep (International lipid expert panel, ndr), coordinato da Maciej Banach dell’Università polacca di Lodz, per ogni nutraceutico sono state assegnate delle classi di raccomandazione in base ai dati di letteratura e agli studi condotti: soggetti con patologie, studi pre-clinici e studi in vitro. Le classi di raccomandazione che sono state date sono tre: a, dati estrapolati da vari trial clinici o metanalisi; b, dati da studi non-randomizzati; c, dati estrapolati da studi pre-clinici o su modelli in vitro. Le classi di raccomandazione più alte sono quelle scaturite per gli Omega-3 e il riso rosso fermentato, per i quali sono disponibili dati clinici anche inerenti studi randomizzati su pazienti in prevenzione secondaria, come il Reduce-It, che ha valutato l’efficacia di una formulazione altamente purificata di acido eicosapentaenoico ad alto dosaggio, pari a 4 g/die, vs placebo nel ridurre gli eventi cardiovascolari in una popolazione con pregressi eventi cardiovascolari o diabetica. Alla fine dei 5 anni di durata del trial, i valori circolanti della proteina C-reattiva erano ridotti del 37%. Per quanto riguarda gli Omega-6, i flavonoidi, la soia, la berberina e la curcumina, seppur i dati in letteratura sono positivi, non ci sono grandi studi a supporto di un’attività antinfiammatoria, quindi l’efficacia è possibilistica. Infine, per quanto concerne il bergamotto e il lupino, ci sono riscontri solo da studi in vitro, e questo limita ogni possibile conclusione.

Quali conclusioni si possono trarre e quanto ancora c’è da studiare in quest’ambito?

Appare ormai evidente che alcuni nutraceutici possono essere attivi sui biomarcatori infiammatori legati al rischio cardiovascolare con meccanismi di diverso tipo. Per l’Italia, si tratta di un settore relativamente nuovo, intorno al quale un punto di riferimento è sicuramente la Società italiana di nutraceutica, fondata nel 2010 da Cesare R. Sirtori, insieme ad altri clinici e ricercatori, e oggi guidata da Arrigo Cicero. In Italia, i nutraceutici vendono per circa 3 miliardi di euro: certamente, perciò, una ricca produzione scientifica, frutto del lavoro di numerosi altri autori, risulterà in futuro dagli studi su queste sostanze.

Nicola Miglino

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