Lo xilitolo, zucchero alcolico presente naturalmente in piccole quantità in molti frutti e verdure, ma utilizzato anche abbondantemente come dolcificante dall’industria alimentare, rischia di finire presto nell’elenco dei potenziali nemici della salute cardiovascolare. A suggerirlo, uno studio condotto da ricercatori della Cleveland clinic e pubblicato sull’European heart journal.
Nelle cellule endoteliali, bassi livelli di magnesio (Mg) promuovono l'acquisizione di un fenotipo pro-infiammatorio e pro-aterogeno, attraverso molteplici meccanismi che influenzano la fisiologia endoteliale. Ulteriore conferma, da un recente lavoro pubblicato su Nutrients, sotto il coordinamento di Jeanette A. Maier, del dipartimento di Scienze biomediche e cliniche dell’Università di Milano.
L’attuale dimensione epidemica dell’obesità ha incrementato le patologie cardiovascolari e metaboliche croniche. Queste condizioni cliniche vengono affrontate con efficacia variabile mediante varie strategie (miglioramento degli stili di vita, approcci farmacologici, chirurgia bariatrica). In questo contesto si colloca la dieta chetogenica, che oltre a indurre una diminuzione di peso si associa anche alla riduzione del rischio cardiovascolare e metabolico, anche in soggetti a basso rischio iniziale.
Si stima che obesità, disturbi del metabolismo dei carboidrati, ipertensione e dislipidemia aterogenica coesistano nel 20-30% degli adulti in tutto il mondo. Diverse recenti review stanno sottolineando il ruolo degli antociani sia nella prevenzione che nel trattamento della sindrome metabolica (MetS) e delle sue complicanze, sfruttandone le comprovate attività antiaterosclerotica, antipertensiva, antitrombotica, antinfiammatoria e antitumorale, nonché gli effetti benefici sulla funzione endoteliale e sullo stress ossidativo.
Quattro italiani su dieci sono in eccesso ponderale, uno su dieci è obeso. E non decolla il consumo delle cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura raccomandate dalle linee guida per una corretta alimentazione. Se è vero, infatti, che pochi italiani adulti nella fascia 19-69 anni, il 3%, dichiarano di non inserirle nei propri pasti, meno di una 1 persona su 2, il 45%, ne consuma almeno tre porzioni al giorno. Tra coloro che le mangiano, il 7% ne consuma la quantità raccomandata dalle linee guida per una corretta alimentazione, cioè almeno cinque porzioni. Il 52% si ferma 1-2 al giorno, il 38% a 3-4.
Uno studio su modello animale per comprendere l’effetto di una dieta ricca di grassi e zuccheri sul tessuto muscolare svela una maggiore predisposizione dei topi maschi a sviluppare obesità con il rischio, invece, per le femmine, di avere maggiori danni ai muscoli a causa della scarsa ossigenazione dovuta a minor capillarizzazione. Si aprono, dunque, nuovi scenari di ricerca sull’uomo per comprendere meglio i meccanismi molecolari alla base di queste evidenze che suggeriscono come la malnutrizione abbia un importante impatto, sesso-dipendente, sulla salute del tessuto muscolare scheletrico sin dall’età infantile. Ne parliamo con Emiliana Giacomello, dipartimento clinico di Scienze mediche, chirurgiche e della salute, Università degli Studi di Trieste, coordinatrice della ricerca pubblicata di recente su Nutrients.