L’integrazione post-menopausa a lungo termine con calcio e vitamina D si correla a una riduzione della mortalità per cancro e a un aumento di quella per malattie cardiovascolari, senza alcun effetto, invece, sulla mortalità per tutte le altre cause. Questi i risultati dell’analisi a 20 anni del Women’s Health Initiative CaD trial, che per 7 anni aveva monitorato l’effetto di calcio (1.000 mg/die) e vitamina D (400 UI/Die) sulla salute femminile in donne in menopausa.

L’interazione tra microbiota intestinale e ospite è al centro dell’interesse della ricerca biomedica e offre interessanti spunti diagnostici e di trattamento. Il microbiota intestinale, un meta-organo composto da varie tipologie di microorganismi (batteri, virus, protozoi, miceti, ecc.), svolge un ruolo importante nel mantenimento della salute e nella prevenzione di malattie sistemiche (oltre a quelle gastrointestinali) tra cui quelle cardiovascolari e metaboliche, associate ad alterazioni della composizione e riduzione della biodiversità del microbiota intestinale (disbiosi), insieme a un aumento della permeabilità della barriera mucosale.

L'uso di terapie erboristiche, piante medicinali e loro derivati ​​per il trattamento e la gestione dell'ipertensione è una pratica molto diffusa, benché la letteratura in questo campo evidenzi la mancanza di standardizzazione a livello di metodi di studio sperimentale, nonché la necessità di valutare molecole purificate.

Esistono molti studi osservazionali trasversali che hanno esaminato l’associazione tra vitamina D e diabete di tipo 2, la maggior parte dei quali ha riportato correlazione inversa tra concentrazione di 25OHD e malattia. Uno dei più grandi studi di questo tipo è il National health and nutrition examination survey negli Stati Uniti, che ha riportato un’associazione inversa tra la concentrazione di 25OHD e prevalenza di diabete negli individui bianchi non ispanici e messicano-americani, ma non negli afro-americani.

Troppe proteine ​​fanno male alle arterie. A evidenziarlo, uno studio pubblicato su Nature Metabolism, che ha raccolto dati sia di tipo clinico, sulla base di piccoli trial condotti sull’uomo, ma anche di tipo sperimentale, con test di laboratorio.

Il miso, spezia tradizionale giapponese utilizzata per insaporire zuppe e piatti, è una pasta di soia fermentata maltata con "koji", prodotta dall'Aspergillus oryzae. Esistono vari tipi di miso a seconda del koji utilizzato: quello di riso viene preparato aggiungendo il koji di riso ai semi di soia, il miso d'orzo aggiungendo koji d'orzo e il miso di soia, che utilizza solo semi di soia.

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